Attualità
Cassa integrazione da record nel Biellese
«Ma le aziende sono ancora solide»
Cassa integrazione da record. Volano le ore richieste dalle aziende del Biellese. Fotografia di una situazione di difficoltà economica generale e specifica del settore tessile che comunque ha letture e sfumature diverse.
I numeri pubblicati dal Sole 24 ore parlano di una richiesta di ore per il nostro territorio di +188% rispetto allo scorso anno. Un dato superato solo dalla maglia nera della zona di Lecce, con un eloquente +275%. Queste sono le richieste degli imprenditori, che non è detto vengano confermate nei prossimi mesi, alla luce di possibili variazioni del mercato e impennate nella produzione.
Cassa integrazione da record nel Biellese
Il Biellese paga lo stato di salute del tessile, non positivo in questo anno di crisi delle esportazioni. Con una diminuzione degli ordini dalla Cina che allarma tanto in Italia quanto in Europa.
«Il Biellese produce tessuti per l’eccellenza della moda italiana e internazionale. Ecco perché ha sentito dopo altri distretti, e penso a Prato, la crisi che comunque c’è e morde – spiega Filippo Sasso, segretario dei tessili per la Cgil -. Il quadro generale comunque è variegato. I primi sei mesi del 2023 sono stati contraddistinti da una produzione a pieno regime. Quindi un confronto con quel semestre, darebbe addirittura la richiesta di cassa-integrazione di oggi pari a +500%… Dato che invece si abbassa se il paragone viene fatto con il secondo semestre dell’anno passato. I numeri dicono che c’è un rallentamento della produzione, un ricorso agli ammortizzatori sociali e una preoccupazione per il 2025. La forza produttiva del tessile biellese, è noto, è la linea invernale da uomo. E non mi risultano particolari volumi di ordinativi. Un bel problema».
«Un aspetto fondamentale, secondo noi, è quello dell’attrattiva dell’universo fabbrica – insiste Sasso, riferendosi al mondo del tessile locale, che una volta vedeva oltre 25mila addetti e oggi circa 15mila sotto il Mucrone -. Per esserlo davvero, non ci si può esimere dall’obiettivo della piena e buona occupazione. Lasciare a casa dal lavoro le persone, per poi richiedere professionalità solo quanto il mercato tira, non aiuta. Di attrattiva parlano spesso importanti imprenditori e rappresentanti degli industriali. Però come fa la fabbrica ad esserlo, se due contratti di assunzione su tre sono a tempo determinato? Come fa ad esserlo, se le persone vengono messe in cassa-integrazione, solidarietà o non vengono rinnovati i contratti a tempo alla prima flessione nelle vendite? La firma al recente contratto di lavoro, con i 200 euro in busta paga, è solo il punto di partenza per rendere il comparto competitivo per i lavoratori».
Sensazione di incertezza
«I dati sulla richiesta di cassa-integrazione confermano l’incertezza che attraversa il settore, non solo locale – commenta il vice-presidente Uib, Giancarlo Ormezzano -. La complessità della congiuntura è evidente. Ma è anche vero che non è la prima volta che le nostre imprese affrontano periodi difficoltosi. E, anzi, si sono ormai allenate a fronteggiare questo andamento altalenante. Va detto che i bilanci delle aziende sono ancora buoni, ma chiuderanno l’anno in rallentamento. Il mondo non si ferma, siamo in una fase di assestamento e il mercato è ancora complicato. Nonostante ciò, le imprese sfruttano questo momento per prepararsi in vista della ripresa. Inoltre, il recente rinnovo contrattuale evidenzia l’impegno nei confronti delle persone anche in termini di aumento della remunerazione e del welfare».
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Sobillatore
9 Dicembre 2024 at 13:45
meno male che con Meloni l Italia cresce cresce l ignoranza di chi ci crede