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Caro Edoardo, Biella non merita di essere odiata

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Caro Edoardo, perché mai non dovresti odiare Biella… Se le domande non sono retoriche, si aspettano una risposta, giusto?

Caro Edoardo, perché mai non dovresti odiare Biella… Se le domande non sono retoriche, si aspettano una risposta, giusto?

Non ci conosciamo personalmente ma abbiamo qualcosa in comune che ci avvicina: siamo entrambi residenti altrove, per necessità e per dissenso nei confronti del pensiero dominante nella nostra piccola città, cardine di un sistema politico e sociale ben radicato culturalmente, in grado di generare un forte disagio in tutte quelle persone che, come te, hanno voglia di futuro e occhi aperti al mondo.

Tu dici di odiare Biella, per metonimia, significa che odi i biellesi. Perché, a meno che tu non la voglia divinizzare come un antico pagano, Biella non la potresti odiare, perché lei non ne può niente, lei è una città, un po’ umida è vero, e da qualche tempo anche un po’ troppo piovosa, ma è una città bella e aperta alla pianura, che si batte tutto l’anno contro la sua stessa aria che NOI le abbiamo avvelenato, e lo fa perché vuole continuare a far crescere alberi tra i suoi boschi di provincia.

Biella, caro Edoardo, non ti sputa né ti scoreggia addosso, forse lo hai fatto tu un tempo, accendendo un motorino quando eri ragazzo o buttando una qualsiasi cartaccia sui suoi piedi; lei ti dà aria quando torni a casa, potrebbe anche decidere di no e smettere di farlo.

L’uomo è un essere vivente senza radici, ma con un’identità. Identità che né io né te, entrambi esuli da tempo per piacere e per dovere, potremmo mai leggere come sinonimo di appartenenza. Io mi sento di far coincidere l’identità di un uomo con la sua memoria, e soprattutto con la memoria della sua origine. E la nostra origine, che ci piaccia o no, è a Biella. Lì, nelle sue strade, nei ricordi di te in quelle strade, lì nei suoi cimiteri, nei ricordi che tu hai dei tuoi cari che sono in quei cimiteri.

Odi i biellesi… è certo più difficile dire perché non dovresti odiare i biellesi… Alcuni li odio anche io sì, ma non tutti. La capacità di pensare si sostiene sulla capacità di relativizzare, e quindi sulla facoltà di vedere il mondo che, fisicamente parlando, non vive di generalizzazioni, ma di infinite differenze.

I biellesi siamo anche noi. Noi che amiamo gli immigrati e odiamo chi li odia. Noi che non siamo riusciti a comprendere come una macchina di lusso potesse mai avere un valore sociale, noi irritati dai fighetti vestiti bene e profondamente feriti dagli sguardi sgraditi rivolti ai gay. Noi che abbiamo sempre lasciato un po’ di elemosina ai barboni o ai drogati dei giardini, sapendo bene che non sarebbe stato quel penny a perpetrare il marcio del mondo.

I biellesi li facciamo anche noi. Noi che per esempio abbiamo scelto, per piacere e per dovere, di andarcene e non fare nulla per cambiare. Perché cambiare una città come Biella è assolutamente possibile, basta crescere nuove generazioni. E sai che ti dico? Non dobbiamo tornare per forza a Biella per fare questo (chi lo vorrebbe mai!), basterebbe che, al nostro ritorno, quell’una o due volte all’anno, si andassero a visitare alcune scuole, per raccontare esperienze e culture diverse ai bambini e ai ragazzi della città; con la comunicazione di oggi sono sicura che si potrebbero creare interessanti progetti interculturali in grado di ispirare molte altre strutture, presidi e insegnanti aprirebbero le porte a persone ricche di luoghi e di storie di vita come quelle viste da te. Dubiti forse? No, non dubitare, sai bene anche tu quanto in “Biella” sia profondamente connaturata la voglia di apparire!

Sui difetti c’è sempre la possibilità di costruire. L’odio e la distruzione, la violenza – anche quella verbale – sono diseducativi, non sono sentimenti di cui l’uomo dovrebbe far bandiera.

Francesca Guerisoli

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