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Candelo in fiore insegna ai biellesi cos’è il turismo

Pausa caffè, la rubrica di Giorgio Pezzana

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Stavo rilevando in questi giorni quanto “Candelo in fiore” sia uno degli appuntamenti turistici primaverili con la maggiore capacità attrattiva, non solo nel Biellese. Ha tutti gli ingredienti giusti: gli allestimenti fioriti per la gioia, perlopiù, delle signore, il contesto in cui la manifestazione si svolge, cioè il Ricetto di Candelo, che affascina sempre persone di ogni sesso e di ogni età, la facilissima reperibilità di cibi e bevande, dentro e fuori le mura dello storico sito, la presenza di banchetti che offrono prodotti più o meno del territorio, quel clima festoso e colorato nel quale molti amano annegare, sia pure se solo per qualche ora, affanni e tribolazioni.

E così può accadere che al rientro da Biella, dopo avere attraversato il desolante deserto di alcune vie del capoluogo laniero, ci si ritrovi proiettati in una dimensione veramente turistica e si abbia per qualche istante la sensazione di essere in vacanza. E poco importa se pochissimi degli accaldati e scollacciati reduci dai disagevoli acciottolati delle rue del Ricetto conoscono la storia di quel sito medioevale, quando e come è nato, e perché, e che cosa siano state in realtà quelle che vengono oggi chiamate “cantine”. Non importa, perché il turismo, se si vuole il turismo, è soprattutto questo.

Ed proprio in questo aspetto che Biella ed il Biellese (con qualche rarissima eccezione) ogni volta inciampano quando sugli incerti tavoli delle istituzioni compaiono progetti e programmi per la promozione turistica. Qui si vorrebbe il turismo, ma quello d’élite, quello che non fa rumore, non sporca, non spinge, pranza e cena sottovoce nei ristoranti con aria condizionata ed onori (e conti salati) allo chef.

Quello che poi, ad una certa ora, all’imbrunire, evapora, svanisce, lasciando uno strascico di banconote fruscianti, strade e piazze in ordine e l’ultimo spenga la luce. Non si può fare. Perché la gente non è l’élite ed il turismo può dirsi tale solo se è in grado di richiamare gente. Gente di ogni tipo. Educata e maleducata, discreta e chiassosa, rumorosa e silenziosa, che ama innanzitutto bere e mangiare e, quando è possibile, anche ballare. Gente che si vuole divertire.

Apprendo che a Città Studi saranno finanziati corsi di laurea sul turismo. E’ un’ottima opportunità, anche se non nascondo le mie oggettive riserve. Ma in quei corsi si insegni, oltre alle pratiche turistiche, che cosa il turismo comporta davvero. Convincendo i biellesi che il gruppetto di venti persone che s’inebria, digiuno ed in silenzio, con il profumo dei rododendri in Burcina, non rappresenta il turismo, ma la vocazione ascetica.

 

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