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Bambina di 9 mesi si ammala per un vaccino. Lo Stato non paga

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Bambina di 9 mesi si ammala per un vaccino. Lo Stato non paga
«Mia figlia si è ammalata dopo il vaccino e lo Stato ci ha abbandonati».
E’ l’urlo di disperazione e frustrazione di una madre biellese. La sua bambina è malata e il Ministero della Salute dovrebbe indennizzarla e darle un vitalizio, dal 2014, come stabilito da una sentenza. Ma finora non ha versato nemmeno un centesimo degli oltre 200mila euro che le deve, tra risarcimento, arretrati e interessi. Oltre al danno, la beffa, per una famiglia che deve affrontare questa difficile prova contando solo sulle proprie forze.
E’ incredibile e assurda la vicenda che vede protagonista una bambina e i suoi genitori.
La piastrinopenia autoimmune colpisce in questa forma una persona ogni 30mila. Il destino ha voluto che si manifestasse proprio nella piccola biellese. Era il lontano 2009. La sua vita, anche se aveva appena 9 mesi, è cambiata per sempre. Per fortuna, però, a volte la giustizia funziona: nel 2014 il tribunale di Biella ha certificato la correlazione tra la patologia e la somministrazione di un vaccino, condannando il ministero della Salute a risarcire la famiglia e a erogare un vitalizio alla bambina. Una piccola “consolazione”, fondamentale per affrontare cure mediche, ricoveri, trasferte e disagi provocati dalla malattia. Tutto perfetto, se non fosse che a distanza di quasi cinque anni lo Stato non ha ancora versato un euro. A raccontarci la sua storia è Antonella – il nome è di fantasia -, la mamma che da anni combatte una battaglia solitaria per ottenere ciò che le spetta di diritto. Per adesso senza successo.
Nel frattempo ha dovuto accettare di lavorare soltanto part-time, con contratti a tempo determinato, e affrontare spese non indifferenti, ricoveri, visite e controlli periodici a Torino. Tutto nell’indifferenza dello Stato. E oggi lei e il marito non ce la fanno più. Faticano anche a pagare il mutuo, mentre attendono il risarcimento.
«Siamo ancora al punto di partenza – racconta la donna – nonostante siano passati oltre quattro anni dalla sentenza. Dal ministero non si fanno sentire, non si degnano nemmeno di rispondere al telefono. Continuo a sperare e nel frattempo affronto la malattia di mia figlia e tutti i sacrifici economici, e non solo, che essa comporta. L’ultimo ricovero risale al 29 dicembre. All’ospedale di Biella le hanno somministrato la terapie seguendo le direttive del centro specializzato di Torino che se ne occupa. Queste sono state le nostre feste di Natale. Questa è la nostra vita. La piastrinopenia non consente di fare programmi: la bambina può stare bene per mesi, oppure avere un nuovo crollo delle piastrine dopo due settimane».
Con il supporto del Codacons di Biella, Antonella e suo marito hanno recentemente instaurato un giudizio di ottemperanza al Tar, che a fine 2018 si è pronunciato in favore della famiglia biellese, intimando al ministero di pagare. Eppure lo Stato continua ad essere sordo.
«Stanca di non avere risposte – ricorda ancora Antonella -, a luglio ero andata a Roma. Mi avevano consigliato di non fare l’ottemperanza, ché magari avrebbero pagato a fine anno. Quando a settembre ci siamo aggiornati nuovamente, mi sono sentita dire: “La sua causa non è la priorità”. Non lo sarà per loro, ma per la nostra vita e quella di mia figlia lo è. A quel punto non ci ho visto più e ho deciso di procedere al Tar».
La storia
Tutta la vicenda ha inizio nel 2009. La piccola ha 9 mesi e come tutti i bimbi della sua età viene sottoposta alle vaccinazioni obbligatorie, fondamentali per salvaguardare la salute della popolazione. In seguito alla somministrazione, inizia ad accusare dei problemi di salute, le viene diagnosticata la piastrinopenia autoimmune, una patologia che fa crollare il livello di piastrine nel sangue, esponendo chi ne soffre al rischio di pericolosissime emorragie. Come detto, la casistica di questo “effetto collaterale” è di un bimbo su 30mila. E il tribunale ha stabilito un nesso di causalità. La sentenza – mai appellata – è passata in giudicato. Ora il ministero dovrebbe soltanto pagare. Ma non lo fa. Forse, come detto ad Antonella, ha altre priorità.
«Abbandonati a noi stessi»
E’ comprensibile dunque la rabbia della donna: «Se anche volessimo provare altre terapie, non potremmo. Per qualsiasi cosa c’è sempre bisogno di una disponibilità economica che noi non abbiamo. Viviamo nell’incertezza. L’unico stipendio certo è quello di mio marito, io ho un contratto fino a giugno, poi chissà: dovendo seguire mia figlia, non ho mai la sicurezza di poter lavorare. Questa volta mi è andata bene che ho trovato un impiego vicino a casa, altrimenti magari avrei dovuto rinunciare».
Antonella ci tiene a precisare di non essere una no vax.
«L’unica cosa che mi fa rabbia – spiega – è che come lo Stato mi obbliga a fare il vaccino, non sia poi altrettanto efficiente quando qualcosa purtroppo va storto. E non lo dico per me, ma per qualsiasi famiglia che può trovarsi nella stessa situazione. Lo Stato non può abbandonarci, non può rispondere che sono cavoli nostri e chiuderci la porta in faccia».
Vuole soltanto ciò che le spetta per affrontare più serenamente i problemi della bambina: «Il guaio lo hanno provocato loro, eppure se ne sono lavati le mani. Non lo tollero – conclude -. A mia figlia la salute non la restituirà nessuno, ma almeno che ci mettano in condizione di avere la tranquillità economica necessaria per affrontare tutto questo. Almeno che lo Stato non ci costringa addirittura a spendere soldi per far sì che venga rispettata la sentenza. Dobbiamo continuare a indebitarci all’infinito? Trovano denaro per tutto, per il reddito di cittadinanza, per le pensioni, per l’accoglienza. Per una bimba danneggiata dal vaccino, a quanto pare no».
La questione vaccini è stata tirata in ballo anche per la recente morte di un bambino (leggi qui)
Le indagini portarono a questo esito /(leggi)

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