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Atap, la dura vita degli autisti
Anche loro sono “vittime” della rivoluzione dei trasporti pubblici. Massimo Marangoni: “Per risolvere alcuni problemi, non servono professoroni. Basterebbe ascoltare un po’ di più chi quotidianamente viaggia sulle strade ed è a contatto con i passeggeri”.
Tempi duri per chi viaggia in autobus, ma anche per chi li guida. Tra utenti arrabbiati, tagli regionali e comunali, coincidenze di cui non sono stati informati e variazioni delle corse senza preavviso, gli autisti dell’Atap nelle ultime settimane non se la stanno passando alla grande. E spesso diventano il parafulmine di critiche e proteste per situazioni di cui non sono responsabili.
Per avere la loro “versione dei fatti” sullo stato di salute del trasporto pubblico e sulla condizione della categoria, abbiamo ascoltato Massimo Marangoni, autista da 19 anni e membro della segreteria provinciale del sindacato Ugl.
La rivoluzione dei trasporti sta creando non pochi problemi. Qualcuno di questi forse si sarebbe potuto evitare. Un esempio?
«L’abolizione degli anelli urbani. Mi spiace quando leggo le dichiarazioni di alcuni politici sui giornali. Hanno detto che li usava il 4 per cento della popolazione, ma è una bugia. I loro calcoli si basano sul venduto e non tengono conto del fatto che sugli urbani ci fosse un’evasione altissima, pagava il biglietto soltanto una persona su cinque. Quindi a utilizzarli non erano in mille, come sostengono, ma in 5mila. E allora, dico io, la soluzione dev’essere quella di andare a prendere chi viaggia “a scrocco” e fargli comprare il biglietto, non di togliere un servizio e una risorsa a chi l’ha sempre pagata. Biella è piccola, con due linee ben studiate la si potrebbe coprire tutta».
I conducenti qualche idea per migliorare il servizio ce l’avrebbero, ma non sempre vengono ascoltati da chi poi prende le decisioni…
«Non servono dei professoroni per pensare a possibili soluzioni di certe questioni. Si può fare tanto già solo compiendo il piccolo sforzo di chiedere valutazioni e consigli a chi viaggia tutti i giorni ed è a contatto con i passeggeri. C’è tanta gente che fa questo lavoro per passione e che soffre di fronte all’attuale situazione. Uomini e donne che, pur non avendo chissà quali lauree, potrebbero dare il proprio contributo per migliorare le cose. E non per sentirsi dire “grazie”, ma per far sì che nessuno venga più lasciato a piedi davanti alla fermata e per garantire posti di lavoro, un trasporto pubblico locale adeguato e un futuro a questa azienda».
L'intervista integrale sulla Provincia di Biella in edicola oggi.
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