Cronaca
“Voglio sapere come è morto mio figlio”
Non cerco vendetta, vorrei solo sapere come è morto mio figlio». E’ stanco e provato Franco Chiarelli, 54 anni, papà di Federico: il 19enne residente a Coggiola trovato morto domenica mattina a pochi passi dalla sua abitazione. Ad ucciderlo, forse, un’auto pirata.
Non cerco vendetta, vorrei solo sapere come è morto mio figlio». E’ stanco e provato Franco Chiarelli, 54 anni, papà di Federico: il 19enne residente a Coggiola trovato morto domenica mattina a pochi passi dalla sua abitazione. Ad ucciderlo, forse, un’auto pirata.
La sua è la storia di un padre che vede uscire di casa l’unico figlio, un sabato sera, per poi scoprire la mattina seguente che è morto. La storia di un padre che, in una fredda domenica di ottobre, si sveglia all’alba e vede un capannello di persone fuori dalla sua abitazione. La storia di un uomo, che quando esce in cortile, vede il sangue del figlio scorrere fin davanti casa.
Federico Chiarelli quella sera ha salutato il papà come sempre faceva. Era diretto alla festa della paletta di Coggiola, dove avrebbe incontrato gli amici. «E’ uscito che saranno state le dieci – spiega Franco Chiarelli – la festa è qui vicino, sarà ad un chilometro di distanza. Gli ho detto “mi raccomando, non tornare tardi”: la mattina seguente doveva trovarsi con suo fratello, Cristian Gros Jacques, nato da una precedente relazione della mia ex. Lui mi ha risposto “va bene papà”».
Scene di vita quotidiana. Poco dopo Franco Chiarelli è andato a dormire.
«Quando la mattina seguente mi sono svegliato – racconta – dalla mia camera ho sentito delle voci: ho riconosciuto quella di mio figlio. Era insieme a un ragazzo e una ragazza. Ho guardato l’orologio: erano le cinque e mezza. Ho pensato: per la miseria, guarda a che ora torna, per fortuna gli avevo chiesto di rientrare presto…». L’uomo è rimasto sveglio pochi istanti, poi si è riaddormentato.
«Alle sette e un quarto mi sono svegliato di nuovo. C’era gente che parlava in strada. Mi sono alzato e ho guardato attraverso le veneziane. C’erano i carabinieri. Non uno o due militari, ma un sacco. Poi ho visto il vicino, che indicava casa mia. Non capivo…».
«E’ stato a quel punto che ho notato che le ciabatte di Federico erano nel corridoio. Quando lui tornava a casa, toglieva le scarpe e metteva le pantofole, sempre. Poi ho visto che non c’era la sua chiave nella serratura. La lasciava nella toppa quando rientrava di notte. Mi sono vestito in tutta fretta, intanto hanno bussato alla porta i Carabinieri. Mi hanno chiesto se fossi il papà di Federico e mi hanno detto di scendere. Ho messo le scarpe, poi mi sono avviato verso la strada. Non ho fatto nemmeno in tempo a uscire dal cortile che il parroco, don Carlo Borrione, mi è venuto incontro in lacrime e mi ha abbracciato forte. E’ stato in quel momento che ho capito».
A terra il sangue di Federico colava ancora sull’asfalto. «Non ho nemmeno potuto vederlo finchè non sono terminati tutti i rilievi. Poi mi hanno chiamato per il riconoscimento. Hanno sollevato il lenzuolo: era proprio lui».
Federico Chiarelli era un giovane pieno di entusiasmo per la vita: «Era un ragazzo buono, ben voluto da tutti. Dico davvero, non solo solo le parole di un padre. Siamo una famiglia modesta e non sempre ho potuto offrirgli tutte le opportunità che hanno gli altri giovani della sua età. Per fare un esempio: stava prendendo la patente solo adesso, a 19 anni suonati, perchè prima non potevo permettermi di pagargliela. Sono un decoratore, ma sono disoccupato da tempo e avrei voluto potergli dare di più».
A Coggiola oggi è il giorno del lutto. In un paese così piccolo ci si conosce un po’ tutti e il dolore di un padre viene condiviso da un’intera comunità. «In questi giorni è stato un viavai continuo. In tantissimi sono venuti a portarmi un po’ di conforto, ho ricevuto una valanga di biglietti, alcuni da persone che conosco poco. Ho davvero sentito il calore della gente».
Tra i tanti che hanno contattato Franco Chiarelli anche i genitori di Andrea Alciato, il 21enne sospettato di aver travolto e ucciso Federico quella notte e di essersi poi allontanato senza prestargli soccorso. «Sono persone perbene. Ho apprezzato le loro parole: il papà mi ha espresso tutto il suo rammarico e la sua solidarietà. Dal canto mio, gli ho spiegato che non cerco un colpevole, ma il colpevole. Vorrei solo sapere cos’è successo quella notte e com’è morto Federico».
Una vita spezzata, troppo presto. Un sogno in frantumi, quello di Federico Chiarelli: diventare cuoco. Frequentava l’ultimo anno dell’istituto alberghiero di Trivero: «Il fratello Cristian ha fatto il pasticcere – racconta ancora tra le lacrime Franco Chiarelli – Federico aspettava di prendere il diploma, poi avrebbero messo su un’attività insieme».
Un dolore immenso, innaturale quello della perdita di un figlio, che viene reso ancor più straziante dalla cruda cronaca di quanto successo: il corpo di Federico Chiarelli è stato dilaniato da un’auto pirata. «E fermarsi? Chiede esasperato il padre Franco – dieci giorni fa c’erano due gatti morti, riversi per strada appena fuori Coggiola. Li ho scansati. Se c’è qualcosa per terra, sulla strada, che sia un sacco nero o la carcassa di un animale, rallento e la evito. Se posso mi fermo. Non ci passo sopra con l’automobile».
Shama Ciocchetti
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