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Stato di emergenza fino al 31 marzo 2022

Cosa cambierà in concreto

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I dubbi svaniscono giorno dopo giorno, e tutte le dichiarazioni di ministri e sottosegretari vanno in quella direzione. La fine dello stato di emergenza il 31 marzo sembra cosa fatta. Non sarà più prorogato e più in là si va anche anche verso lo stop alle limitazioni per chi è positivo al Covid ma è asintomatico. Ma siamo nel campo delle ipotesi, delle voci. La rivoluzione del piano vaccinale sarà graduale, soft, misurata dall’andamento ormai in discesa dei contagi. Nessuna quarta dose all’orizzonte. Cosa ci aspetta in primavera, dunque?

Stato di emergenza fino al 31 marzo 2022

Per l’ufficio del commissario straordinario all’emergenza Covid-19, generale Francesco Paolo Figliuolo, la linea rossa finale è la fine del mese prossimo. Quando termina lo stato di emergenza e tutti si aspettano la chiusura del capitolo pandemia. La struttura del commissario potrà a quel punto cominciare la sua metamorfosi fino alla chiusura. Ma  attenzione: se i dati dei contagi fossero favorevoli anzitempo, rivela oggi il Sole 24 Ore,  non è detto che si debba attendere per forza fino alla fine di marzo.

Partiamo dall’abc. L’Italia è in stato d’emergenza dal 31 gennaio 2020 a causa del coronavirus. Il governo decise di prendere la situazione in mano per avere la possibilità di stabilire dall’oggi al domani, senza passare dal Parlamento, come affrontare la pandemia. Lockdown, poi chiusure e restrizioni varie: lo stato d’emergenza nel tempo è stato prorogato (l’ultima volta a gennaio, fino a fine marzo, con uno dei tanti decreti di questi mesi). Prima del Covid lo stato di emergenza era stato decretato per intervenire su situazioni territoriali devastate da alluvioni o terremoti o da gravi disastri, come il crollo del ponte Morandi di Genova.

Con la dichiarazione dello stato d’emergenza cosa cambia in concreto? Vengono attribuiti poteri straordinari al governo (e anche alla protezione civile), tra cui la possibilità di operare in deroga alle disposizioni di legge vigenti. Il provvedimento permette inoltre di effettuare alcuni interventi speciali con ordinanze in deroga alle disposizioni di legge (sempre però nel rispetto dei limiti costituzionali), tra i quali rientrano i Dpcm e le ordinanze ministeriali a cui il governo ha fatto ampiamente ricorso in questo anno e mezzo di emergenza coronavirus, a partire dai colori delle regioni.

Figliuolo però dall’inizio di gennaio è anche al timone del Covi-comando operativo di vertice interforze, con l’indirizzo operativo e di coordinamento delle missioni all’estero. Il Covi, fin dall’inizio della pandemia, è responsabile della distribuzione alle Regioni delle dosi di vaccini. Il commissario straordinario ha annunciato l’arrivo a breve di nuove forme di vaccinazione come l’antivirale Paxlovid della Pfizer.

Sul piano della gestione, dunque, una volta ufficializzato il passaggio da pandemia a endemia, il governo Draghi dovrà decidere la forma dell’evoluzione della struttura commissariale. Potrebbe non scomparire del tutto. Circola l’ipotesi di un rientro in campo della Protezione civile per i compiti di coordinamento con le Regioni.

Le Regioni infatti restano le responsabili in prima linea della continuità di gestione e di ogni azione di prevenzione e tutela della salute pubblica contro il Covid-19. In una fase endemica, il ruolo della sanità regionale rientra nella sua titolarità piena. In sintesi: la gestione di eventuali nuovi round di vaccinazioni anti-Covid passerebbe direttamente in mano alle singole Regioni, senza il cappello della struttura commissariale. Dettagli.

La decisione sarà presa solo a marzo

“La pandemia ci ha insegnato che è difficile fare previsioni a lungo termine: è chiaro che l’obiettivo a cui stiamo lavorando è che al 31 marzo finisca lo stato di emergenza. I dati in questo senso sono positivi e ci auguriamo che continuino e dobbiamo continuare con le terze dosi” ha detto il sottosegretario alla Salute Andrea Costa a Radio Anch’io su Rai Radio 1. Sempre Costa ha ribadito che “dobbiamo dare prospettive agli italiani. L’obiettivo è arrivare a fine marzo e non proseguire lo stato d’emergenza. A oggi le condizioni possono esserci. Tutti gli indicatori che abbiamo ci fanno ben sperare e quindi prendere in considerazione l’ipotesi che lo stato d’emergenza possa finire” il 31 marzo.

“Dobbiamo restare prudenti e con i piedi per terra, ma possiamo iniziare a progettare una fase nuova, un tempo nuovo nella lotta al Covid”: così il ministro della Salute Roberto Speranza in un colloquio ieri con il Corriere della Sera. Speranza avverte che è prematuro ipotizzare una revoca dello stato di emergenza il prossimo 31 marzo: “Tra due mesi si vedrà”, dice, constatando che si può comunque “guardare con fiducia a una diversa gestione della pandemia”. “Dobbiamo ancora essere cauti, ma vediamo i primi segnali di piegatura della curva. Il dato che ci differenzia da Paesi come Austria, Germania e Olanda è che loro, per governare la corsa di un virus che ci ha fatto molto male, hanno dovuto chiudere bar, ristoranti e altre attività, oppure decidere lockdown”.

Cosa cambierà in concreto

“Per fine marzo abbandoneremo tante delle attuali restrizioni  – ha però assicurato il sottosegretario Pierpaolo Sileri – La circolazione del virus sarà più limitata, pian piano toglieremo le mascherine, prima all’aperto e successivamente al chiuso e andranno poi rimodulati il green pass e la campagna vaccinale, sulla base della reale esigenza sanitaria”. Insomma, per il sottosegretario alla Salute la fine dell’emergenza è davvero vicina: “L’Italia è come un paziente che sta uscendo dalla fase acuta – ha continuato – Andiamo verso una fase nella quale all’emergenza si sostituirà la convivenza col virus, e molte delle restrizioni alle quali ci siamo abituati, come il distanziamento o l’uso delle mascherine, andranno progressivamente ridotte sino al ritorno ad una nuova normalità”.

Senza regioni a colori, senza mascherine all’aperto, senza campagna vaccinale per somministrare un quarta dose a decine di milioni di persone in un tempo ristretto, sarà la nuova normalità. All’emergenza si sostituirà la convivenza col virus e molte delle restrizioni alle quali ci siamo abituati, come il distanziamento o l’uso delle mascherine, andranno progressivamente ridotte: “Dovranno rimanere invece le buone abitudini – avverte Sileri – che abbiamo imparato a praticare in questi anni: per esempio, andare al lavoro con la febbre a 38° sarà da evitare per non favorire la diffusione di tutte le infezioni, non soltanto di quella da coronavirus”.

Punto di domanda Green Pass

Resta un grande punto di domanda, di cui si parla poco: non è chiaro fino a quando “servirà” il Green Pass, se è destinato a rimanere in qualche forma. Cosa ne pensano al Cts? Fabio Ciciliano, medico ed esponente del Cts, spiega che è ora di cambiare le regole anche se con cautela. Il Green Pass “diventerà sempre più residuale con l’incremento delle vaccinazioni e la riduzione dell’impatto del virus sul sistema sanitario – ha detto in una recente intervista – E alla fine della primavera si può pensare di toglierlo definitivamente”.

Non è chiaro se sia solo un auspicio o una proposta concreta che gli esperti metteranno sul tavolo di Draghi prima della fine dello stato di emergenza il 31 marzo. A oggi, è da rimarcare che la fine dello stato di emergenza non implica per forza di cose la fine del Green Pass. Massima trasparenza nel percorso decisionale e nella condivisione dei parametri che porteranno al superamente del certificato verde: la richiesta prende piede, da più parti.

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