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Attualità

L’internet dei giornali locali

I cambiamenti sono sempre duri da digerire. Un po’ per pigrizia, un po’ per timore, ma la resistenza al cambiamento è pratica che si può osservare in tutti i modi in tutti i luoghi in tutti i laghi e in tutto il mondo.

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Fonzarelli di provincia

I cambiamenti sono sempre duri da digerire. Un po’ per pigrizia, un po’ per timore, ma la resistenza al cambiamento è pratica che si può osservare in tutti i modi in tutti i luoghi in tutti i laghi e in tutto il mondo. Il solito ritornello ricorre come riflesso condizionato della perdita di certezze acquisite, inconscia prudenza legata all’abitudine che indossa via via i panni della diffidenza prima, dell’ironia e del sarcasmo poi. Spesso, a seguire, l’ostinata resistenza si trasforma in supina e rassegnata accettazione fino alla novità prossima ventura.

Raramente il cambiamento viene affrontato con sana curiosità e un qualche entusiasmo. Fa parte della nostra natura. Però, in tempi di così repentini e frequenti cambiamenti dovuti soprattutto allo sviluppo tecnologico, corriamo il rischio che questa attitudine si trasformi in patologia, in una sorta di autismo sociale. Nulla di nuovo, per carità, ma è un elemento del nostro vivere moderno sul quale vale la pena, ogni tanto, spendere qualche riflessione.

Ricordo quasi con affetto quando, all’avvento della telefonia mobile alla portata di tutti, ci fu chi snobbava il telefono cellulare e affermava con tono di saputella superiorità che a lui non serviva e non ne avrebbe mai posseduto uno. Ora, la nostra vita ruota intorno a quel piccolo oggetto, sempre meno telefono e più qualcos’altro, che si trasforma costantemente ma di cui non potremmo più fare a meno. È solo un esempio, perché in realtà l’elenco potrebbe essere lungo e lascia anche tracce di qualche nostalgia dei tempi che ci sembravano migliori. A partire dai personal computer in casa ai computer portatili fino a Internet, la vera svolta epocale che metteva in connessione il mondo prima che ci capisse davvero qualcosa.

C’è da dire che i grandi media, soprattutto quelli della carta stampata, esplorarono presto il web per capire se il loro lavoro era monetizzabile in previsione dell’inevitabile erosione del mercato in edicola a favore del digitale. Gli editori di libri invece già tremavano al pensiero della morte dei loro tomi e della filiera a essi collegata. In realtà il mercato digitale dei libri si è col tempo assestato attorno a una percentuale relativa e comunque gestibile da parte degli editori stessi.

Quello dei grandi giornali di carta, a forza di tentativi maldestri, a qualche conclusione è arrivato, mixando online articoli in libertà e altri in abbonamento. Ma le edicole resistono e per ora la versione cartacea non è ancora scomparsa. Altra cosa sono le testate native su Internet, che hanno modelli di business diversi ma non si devono confrontare con la loro dimensione fisica.

C’è ancora da dire che la diffidenza descritta all’incipit è fenomeno rilevabile a monte come a valle: editori e lettori nostrani hanno provato, e probabilmente ancora provano, lo stesso disagio. Da parte degli editori meno mezzi economici e meno possibilità di diversificare per dedicare vera energia in funzione del cambiamento in editoria. Per accettare il compromesso digitale, i nostri media di casa ci hanno messo parecchio – anni e anni – restando aggrappati all’illusione che il mercato locale dell’informazione non ne fosse contaminato, almeno fino a quando anche la loro presenza online si è resa necessaria.

Il risultato non è questo granché, non essendo stati in grado, per mancanza di volontà o di energie, di interpretare a dovere il loro ingresso nel mondo virtuale: ci si è limitati a ribaltare online il prodotto giornalistico cartaceo, senza indagare le peculiarità di un mondo rispetto all’altro. Questo atteggiamento ha fatto sì che gli eccezionali strumenti statistici del web venissero usati in maniera ordinaria, pregiudicando spesso la qualità del contenuto. Ciò che prima, in ambito esclusivamente cartaceo, comportava un servizio sociale nel suo insieme, il “prodotto” giornale valutato in base alla linea editoriale, viene oggi investito da una perdita di senso nel suo proporsi come uno spezzatino in cui sono favorite le notizie più a favore di like e visualizzazioni che di reale contenuto, perdendo così per strada il valore intrinseco del senso stesso della loro esistenza.

Col risultato, per noi che già registravamo l’anomalia di quattro testate giornalistiche cartacee in città, di avere uniformato anche il pubblico online: stessi commenti delle stesse persone sotto a simili notizie. Nel vano esercizio retorico di criticare sempre la superficialità senza mai provare a cercare la profondità. A monte come a valle.

Lele Ghisio

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