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«La Shoah, un male che sta nella storia e sembra debordare»

Il biellese Emilio Jona tra memoria, antifascismo e conflitto israelo-palestinese

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BIELLA – «La Shoah, un male che sta nella storia e sembra debordare». Scrittore, avvocato, poeta, musicologo, drammaturgo. Tante vite in una. Basta fare una rapida ricerca su Wikipedia per accorgersi della poliedricità di Emilio Jona, nome noto a Biella e non solo.

“Biellese, borghese ed ebraico”, così si era definito in un’intervista di qualche anno fa, dimostrando un fiero attaccamento alle sue origini. All’età di 96 anni non smette di guardare e analizzare il mondo, di porsi domande e darsi risposte. Ha conosciuto protagonisti della cultura novecentesca italiana quali Benedetto Croce, Carlo Levi e Umberto Eco. Il suo spessore culturale emerge chiaramente nelle risposte su tematiche cruciali come la memoria, l’antifascismo e il conflitto israelo-palestinese.

La Shoah, un male che sta nella storia e sembra debordare

Il 27 gennaio ricorreva il “Giorno della Memoria”. Qual è il significato di questa data nel 2024?

La Shoah è un male che sta dentro la storia, ma sembra debordare dalla storia per la sua eccezionalità, per la sua dimensione planetaria e per la sua radicalità. E continua ad apparire ai limiti della comprensibilità. Come ha scritto Hannah Harendt, si tratta di un male banale, miserabile, comune, perché compiuto da uomini comuni, fondato su atti burocratici e su una falsificazione della realtà. Credo che oggi si veda nel giorno della memoria qualcosa che in parte non è, individuando in esso un vaccino contro il razzismo. Bisogna smetterla di occuparsi esclusivamente dei testimoni. Basta con la sacralizzazione della vittima. Bisogna spostare l’attenzione dalla memoria alla storia e costruire un laboratorio permanente della storia del male del Novecento. Ritengo sia necessaria una storicizzazione. La Shoah va studiata come si studia la Rivoluzione francese.

Oggi la parola “antifascismo” crea ancora problemi e divisioni a destra e le manifestazioni neofasciste non sono neanche così sporadiche, come dimostrano i fatti di Acca Larentia. I neofascismi rappresentano una minaccia reale?

Questa Repubblica nasce dalla lotta contro il fascismo, non bisogna dimenticarlo. Direi che storicamente le cose sono abbastanza chiare. A destra non riescono a fare i conti con la storia. Hanno difficoltà a definirsi antifascisti, perché non lo sono. Questa dimensione nostalgica sembra non voler svanire. Ancora oggi, purtroppo, ci sono due Italie. C’è una destra che è dentro la democrazia, ma in parte fuori. La memoria di oggi dell’estrema destra si pone ancora tra la nostalgia di un fascismo miticizzato, l’eroismo mortuario e la fedeltà all’alleato nazista. Il neofascismo è un fenomeno serio, ma limitato.

Dal locale al globale: qual è la sua posizione in merito al conflitto israelo-palestinese?

Io mi schiero radicalmente contro chi detiene il potere in Israele oggi. Credo sia stato un errore grave e disumano intervenire bombardando. Sono contro l’occupazione israeliana della Cisgiordania e contro il comportamento dei coloni, che considero intollerabile. Penso, inoltre, che il fondamentalismo di una parte di Israele sia parallelo a quello di Hamas. Dopo tre mesi di guerra risulta abbastanza evidente l’insuccesso della scelta di Israele: il potere di Hamas non è diminuito e i suoi missili hanno continuato a colpirlo. Il gruppo dirigente che oggi è al potere in Israele è assolutamente deleterio, si tratta di un’estrema destra fondamentalista e razzista. Da quaranta settimane, centinaia di migliaia di israeliani protestano contro Netanyahu, considerandolo un delinquente, perché è tale. Bisognerebbe tornare alla ragione, fare un discorso politico, non militare. La questione israelo-palestinese è drammatica e complessa.

Ritiene che il conflitto mediorientale generi nuove forme di discriminazione?

Genera sicuramente due fenomeni apparentemente contraddittori, ma relativamente paralleli: da una parte la giudeofobia, dall’altra l’arabofobia.

Infine una domanda su di lei. Nel corso della sua vita è stato tante cose: scrittore, avvocato, poeta, musicologo, drammaturgo. C’è altro in cantiere? Quali sono i prossimi progetti?

Ho avuto una vita familiare e lavorativa relativamente felice. Mi considero una persona fortunata. Sono ancora lucido intellettualmente. Mi spiace aver abbandonato a poco meno di novant’anni la montagna. Sono stato un buon sciatore, specialmente in neve fresca. Al momento mi sto occupando del mondo ebraico. Inoltre ho molte idee per la testa, ma almeno due dovrei portarle a termine. Vorrei scrivere un romanzo biellese, su quattro donne di questa città che hanno aiutato e salvato me e i miei familiari, esclusivamente per ragioni di umanità. L’altro progetto, invece, riguarda la Resistenza in Toscana, particolarmente interessante per la sua violenza e brevità, su cui sto scrivendo un saggio che privilegia il canto nato durante la Resistenza, sovente costruito su ottave, ovvero sulle stesse strutture formali con cui si cantavano Ariosto e Tasso.
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