Attualità
“L’ho visto a cavalcioni sul ponte”
Un uomo vuole lanciarsi dal ponte. Due ragazzi, solo con la forza delle braccia e dell’adrenalina, lo tengono letteralmente in vita. Non è un film d’azione, ma quanto realmente successo venerdì sera sul ponte di Chiavazza. Due giovani biellesi hanno salvato un uomo in crisi intenzionato a farla finita.
«Stavo tornando a casa dal lavoro, erano le 23,30 – racconta il 23enne cossatese Nicolò Peruzzi, aiuto cuoco al ristorante Regallo di Biella -. Dalla rotonda di via Serralunga, ho notato un signore fermo più o meno al centro del ponte, a cavalcioni sulla barriera di protezione. Così ho accelerato e l’ho raggiunto. Dalla macchina gli ho chiesto cosa stesse facendo e mi ha risposto che voleva ammazzarsi».
Nicolò è quindi sceso dall’auto e ha iniziato a parlargli. Ha ascoltato le ragioni che lo avevano spinto sull’orlo del baratro e ha tentato di dissuaderlo e rassicurarlo. Ma è stato inutile: «All’improvviso ha portato anche la seconda gamba dall’altra parte della barriera – continua il ragazzo -, sono scattato e l’ho afferrato per un braccio».
E in quel momento, mentre il 23enne impediva all’uomo di precipitare, è entrato in scena il secondo eroe involontario di questa storia, Simone Panetta, 24enne che si occupa di marketing.
«Avevo notato questa macchina ferma a bordo strada con le quattro frecce accese – racconta – e un tizio che balbettava qualcosa e guardava giù dal ponte, così mi ero fermato per capire cosa stesse succedendo. Quando ho visto l’uomo che faceva la mossa di andare giù e il ragazzo che glielo impediva, mi sono fiondato fuori dall’auto e sono corso a dargli una mano».
Uno lo teneva dal braccio destro, l’altro da quello sinistro. Sono stati minuti interminabili, anche perché nessuno arrivava in loro soccorso.
«Nessuno si fermava – conferma Nicolò -. Mentre lo bloccavamo, con una mano gesticolavo e lanciavo segnali agli automobilisti di passaggio. Cercavo di far capire che dovevano chiamare la polizia, ma niente: andavano avanti come se nulla fosse».
Per fortuna a un certo punto una donna ha compreso la tragedia che si stava consumando davanti ai propri occhi, si è fermata e ha allertato le forze dell’ordine. Contemporaneamente un terzo uomo è arrivato a dare man forte ai due ragazzi, mentre l’aspirante suicida lasciava andare anche le gambe, rimanendo sospeso nel vuoto, tenuto soltanto dai suoi salvatori. Diventati tre, i soccorritori sono riusciti a issarlo e a trascinarlo di peso dall’altra parte della barriera. In salvo e al sicuro. Pochi minuti dopo sono intervenute anche due pattuglie della polizia. L’uomo è stato fatto sdraiare a terra, in attesa dell’ambulanza del 118. La gente, a quel punto, si è moltiplicata. L’incubo era finito.
Qualche ora dopo, una volta a casa, i due involontari protagonisti hanno realizzato davvero cosa fosse successo.
«Ho solo cercato di rendermi utile – racconta Simone -, mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto. Spero che non lo faccia più. Perché mi sono fermato e sono sceso dalla macchina? Perché se poi si fosse buttato davvero, mi avrebbe sconvolto. Non me lo sarei mai potuto perdonare».
Anche Nicolò, il cui primo intervento è stato determinante, non sa spiegare di preciso cosa gli sia passato per la mente in quei momenti. «So soltanto che i minuti sono sembrati un’eternità – spiega -. La tensione era altissima, temevo che mi scivolasse e che cadesse di sotto. “Non hai avuto paura che ti trascinasse giù?”, mi ha poi chiesto mio padre. Onestamente lì per lì non ci avevo proprio pensato. Ho agito d’istinto».
Un istinto che – molto probabilmente – ha salvato una vita.
«Ho rimuginato su quanto successo tutta la notte – ricorda ancora Nicolò -, per fortuna non è una cosa che capita tutti i giorni. Arrivato a casa mi sono preparato un tè per tentare di calmarmi, ma non ha funzionato. Poi ho bevuto una birra… Niente. Alla fine non ho chiuso occhio tutta la notte…».
m.f.
Un uomo vuole lanciarsi dal ponte. Due ragazzi, solo con la forza delle braccia e dell’adrenalina, lo tengono letteralmente in vita. Non è un film d’azione, ma quanto realmente successo venerdì sera sul ponte di Chiavazza. Due giovani biellesi hanno salvato un uomo in crisi intenzionato a farla finita.
«Stavo tornando a casa dal lavoro, erano le 23,30 – racconta il 23enne cossatese Nicolò Peruzzi, aiuto cuoco al ristorante Regallo di Biella -. Dalla rotonda di via Serralunga, ho notato un signore fermo più o meno al centro del ponte, a cavalcioni sulla barriera di protezione. Così ho accelerato e l’ho raggiunto. Dalla macchina gli ho chiesto cosa stesse facendo e mi ha risposto che voleva ammazzarsi».
Nicolò è quindi sceso dall’auto e ha iniziato a parlargli. Ha ascoltato le ragioni che lo avevano spinto sull’orlo del baratro e ha tentato di dissuaderlo e rassicurarlo. Ma è stato inutile: «All’improvviso ha portato anche la seconda gamba dall’altra parte della barriera – continua il ragazzo -, sono scattato e l’ho afferrato per un braccio».
E in quel momento, mentre il 23enne impediva all’uomo di precipitare, è entrato in scena il secondo eroe involontario di questa storia, Simone Panetta, 24enne che si occupa di marketing.
«Avevo notato questa macchina ferma a bordo strada con le quattro frecce accese – racconta – e un tizio che balbettava qualcosa e guardava giù dal ponte, così mi ero fermato per capire cosa stesse succedendo. Quando ho visto l’uomo che faceva la mossa di andare giù e il ragazzo che glielo impediva, mi sono fiondato fuori dall’auto e sono corso a dargli una mano».
Uno lo teneva dal braccio destro, l’altro da quello sinistro. Sono stati minuti interminabili, anche perché nessuno arrivava in loro soccorso.
«Nessuno si fermava – conferma Nicolò -. Mentre lo bloccavamo, con una mano gesticolavo e lanciavo segnali agli automobilisti di passaggio. Cercavo di far capire che dovevano chiamare la polizia, ma niente: andavano avanti come se nulla fosse».
Per fortuna a un certo punto una donna ha compreso la tragedia che si stava consumando davanti ai propri occhi, si è fermata e ha allertato le forze dell’ordine. Contemporaneamente un terzo uomo è arrivato a dare man forte ai due ragazzi, mentre l’aspirante suicida lasciava andare anche le gambe, rimanendo sospeso nel vuoto, tenuto soltanto dai suoi salvatori. Diventati tre, i soccorritori sono riusciti a issarlo e a trascinarlo di peso dall’altra parte della barriera. In salvo e al sicuro. Pochi minuti dopo sono intervenute anche due pattuglie della polizia. L’uomo è stato fatto sdraiare a terra, in attesa dell’ambulanza del 118. La gente, a quel punto, si è moltiplicata. L’incubo era finito.
Qualche ora dopo, una volta a casa, i due involontari protagonisti hanno realizzato davvero cosa fosse successo.
«Ho solo cercato di rendermi utile – racconta Simone -, mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto. Spero che non lo faccia più. Perché mi sono fermato e sono sceso dalla macchina? Perché se poi si fosse buttato davvero, mi avrebbe sconvolto. Non me lo sarei mai potuto perdonare».
Anche Nicolò, il cui primo intervento è stato determinante, non sa spiegare di preciso cosa gli sia passato per la mente in quei momenti. «So soltanto che i minuti sono sembrati un’eternità – spiega -. La tensione era altissima, temevo che mi scivolasse e che cadesse di sotto. “Non hai avuto paura che ti trascinasse giù?”, mi ha poi chiesto mio padre. Onestamente lì per lì non ci avevo proprio pensato. Ho agito d’istinto».
Un istinto che – molto probabilmente – ha salvato una vita.
«Ho rimuginato su quanto successo tutta la notte – ricorda ancora Nicolò -, per fortuna non è una cosa che capita tutti i giorni. Arrivato a casa mi sono preparato un tè per tentare di calmarmi, ma non ha funzionato. Poi ho bevuto una birra… Niente. Alla fine non ho chiuso occhio tutta la notte…».
m.f.
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