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Il racconto di un finto aspirante suicida

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Alcuni mesi fa, sul sito  “La nuova provincia di Biella” è apparso un articolo intitolato “Allarme suicidio sul ponte della tangenziale”. Ricordate?

Alcuni mesi fa, sul sito  “La nuova provincia di Biella” è apparso un articolo intitolato “Allarme suicidio sul ponte della tangenziale”. Ricordate? Parlava di un presunto “scrittore nel mezzo di un sopralluogo per scrivere un romanzo in cui il protagonista è un uomo che si toglie la vita”. L’“aspirante suicida” ero io. Lo so che è passato un sacco di tempo, ma ora che il libro è in fase di editing, questo giornale mi è tornato in mente. Vi spiace se riscrivo la cronaca di quel fatto?
Eric Eden – il protagonista – non si toglie la vita. Sale su un ponte, certo. Due volte, in totale. Ma non si getta. Cosa si prova a stare su un ponte, fissando l’abisso? Ecco il punto di tutta la questione! Non lo sapevo… e se non lo sapevo io, non lo sapeva neppure Eric. Il romanzo era finito, ma la parte sadica della mia mente, quella che ci tiene a farmi fare le cose per bene, continuava a citare il mio vecchio docente di sceneggiatura. “Scrivi quello che conosci”. Alice, la mia ragazza, minacciò velatamente di uccidermi se non mi fossi dato una mossa. Erano mesi che sopportava le continue riscritture del testo. Così mi decisi.

Sul ponte della tangenziale faceva freddo. Fumavo nell’attesa che qualcosa da descrivere arrivasse. Non ho un metodo preciso in queste cose. Si fermò un’auto e ne uscì un uomo. Lo chiamerò “CaCl2”. Pensando che CaCl2 volesse un’informazione, gli rivolsi un largo sorriso.
– Cosa stai facendo!?

Come, che stavo facendo? Cercavo la chiave per il Premio Strega, ecco cosa! Era chiaro, no? Ci riflettei per un secondo. Lo era? E se CaCl2 mi avesse scambiato per… no! Possibile!? Calma, mi dissi.  Delinea i fatti con fredda lucidità.

– Ahm… sicuramente non quello che… tu pensi… che io stia facendo. CaCl2 mi guardò stranito. Il mio sorriso doveva apparirgli come un ghigno raccapricciante, dato che metà dei miei muscoli facciali erano congelati. Non potevo crederci: 4 auto (2 volanti e 2 utilitarie) ferme sul ciglio della strada, 2 civili e 4 poliziotti che continuavano a chiedere monotoni “perché volevi farlo?”. Che ansia! Non volevo farlo! Avevo altri piani per la serata!

– Allora perché sei qui?

– Per farle capire… lei legge? – risposi accecato dai lampeggianti.

– Non… molto.

– E allora come accidenti te lo spiego!?

Nessuno, nonostante avessi esposto prove tangibili che stessi lavorando (la bozza del libro, il fatto che per ammazzarmi sarebbe

bastato far arrabbiare Alice) sembrava credermi. Come potevano? Avrei fatto meglio a dire che stavo cercando il tempo perduto. O aspettando Godot. Qualunque cosa sarebbe stata più credibile della verità.

L’articolo si conclude con: “Gli agenti lo hanno comunque portato in ospedale per un controllo”. È arrivata sì un’ambulanza, ma non sono stato portato in ospedale. Il personale medico è stato più propenso a credermi. Alla fine ci siamo fatti quattro risate. Ho promesso a tutti una copia del romanzo.

– Adesso di materiale ne hai, – disse uno dei volontari.

Aveva ragione. Era materiale per un’altra storia. Questa.
Oscar Francioso

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