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Il centro commerciale “Al Center” non decolla

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Oltre un milione di metri cubi vuoti, che aspettano una destinazione, “scatoloni” che un tempo ospitavano attività industriali, commerciali, sanitarie, scolastiche, oggi tristemente abbandonati, una vera e propria “ex città” che è alla ricerca di una nuova identità.

Oltre un milione di metri cubi vuoti, che aspettano una destinazione, “scatoloni” che un tempo ospitavano attività industriali, commerciali, sanitarie, scolastiche, oggi tristemente abbandonati, una vera e propria “ex città” che è alla ricerca di una nuova identità.

Il grido d’allarme l’aveva lanciato recentemente il sindaco Marco Cavicchioli durante il dibattito sul nuovo supermercato di via Ivrea: questa è una città “morta” che deve stare attenta a scoraggiare i pochi investitori che si presentano.

Ma che forse avrebbe anche bisogno  di guardare avanti (e in alto) con coraggio attraverso gli strumenti urbanistici per ripensare il proprio futuro.
Per toccare con mano la situazione basta farsi un giro a piedi nelle zone centrali di Biella. A partire da via Carso. L’asse delle “tre ex”  che dalle, appunto, ex Pettinature Riunite porta all’ex Ospedale passando attraverso gli ex Lanifici Rivetti da solo “vale” 350 mila metri cubi di spazi vuoti e anni di incertezza sulle future destinazioni. E se dal vecchio ospedale ci si sposta di qualche centinaio di metri in linea d’aria , accanto al “salotto” di via Italia si arriva nell’edificio dell’ex Upim di via Colombo: due piani fuori terra e uno interrato. Qui doveva sorgere un “temporary outlet” per iniziativa di una società lombarda. Erano comparsi cartelli con un numero di telefono per raccogliere le adesioni di commercianti interessati a partecipare all’iniziativa, l’apertura è stata annunciata più volte ma oggi è tutto fermo, e probabilmente resterà così ancora per altro tempo.

Più a sud la “new entry” nell’elenco dei “palazzi in cerca d’autore”: l’istituto Santa Caterina di via Tripoli. A giugno la residua attività scolastica terminerà definitivamente e l’enorme edificio con annessa area verde rimarrà vuoto. “Le suore sono venute a chiederci aiuto per trovare una sistemazione ma in questo quadro non è facile” aveva detto in Consiglio comunale il sindaco.
A fronte di questo quadro inquietante non perde la flemma il vicesindaco Diego Presa. “E’ necessario un lavoro di verifica su tutte le aree dismesse – spiega – per valutare le destinazioni compatibili ai bisogni reali e anche le richieste che i proprietari di questi edifici possono ricevere dal mercato privato. Nel 1996 quando si fece il piano regolatore le aree dismesse in città erano una cinquantina, oltre 30 hanno trovato una nuova destinazione, quelle di dimensioni medio piccole che hanno richiesto investimenti dai 2 ai 10 milioni di euro. Il problema sono quelle grandi, che richiedono interventi dai 10 ai 100 milioni di euro perché  nel frattempo sono cambiate completamente le condizioni di mercato”.

Conclude il vicesindaco: “Occorre capire cosa è avvenuto e cosa non è avvenuto in questa città. Upim e Standa ad esempio hanno chiuso ben prima dell’avvento degli Orsi mentre  al contrario l’asta del Cervo ha visto realizzarsi le previsioni del Prg di Gae Aulenti con lo sviluppo della città dell’arte di Pistoletto, l’intervento della Banca Sella nell’ex lanificio e anche il nuovo outlet  del Lanificio Cerruti”.

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