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Sono molto felice di aver combattuto e vinto il coronavirus

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Dal coronavirus, per fortuna, si può guarire. Saverio Santomauro, tecnico informatico di 43 anni, è stato tra i primi biellesi a contrarre la malattia. Oggi, dopo un mese e mezzo di ricovero in ospedale, racconta il suo calvario. Dalla diagnosi di Covid-19, alla paura di aver contagiato la compagna in dolce attesa Maria Bellorin e il loro bimbo di 3 anni, alla felicità di avere, finalmente, vinto la sua battaglia.

«Ho iniziato a pensare di aver contratto il virus nella giornata di martedì 3 marzo dopo vari giorni di febbre e tosse – spiega l’uomo – Mi sono, quindi, rivolto al mio medico curante che mi ha rassicurato dicendomi che era solo una banale influenza con la gola irritata. Mi sono stati somministrati l’antibiotico e la Tachipirina che, naturalmente, non sono serviti a nulla».

Poi l’esito del tampone, positivo al Covid-19 e l’inizio dell’incubo. «Quando mi è stata comunicata la diagnosi in realtà non ero preoccupato per me, ma per mia moglie e mio figlio – prosegue Santomauro – Sono stato ricoverato all’ospedale cittadino la sera del 5 marzo, respiravo a fatica. Dopo varie prove con l’ossigeno la situazione non migliorava, sono stato quindi messo in coma farmacologico, intubato e portato in Rianimazione il 9 marzo. Mi hanno svegliato il 19 marzo e sono rimasto nel reparto fino a fine mese. Le mie condizioni erano gravi e la mia famiglia ha ricevuto diverse telefonate nelle quali si diceva che la situazione era difficile. Ho passato più di 20 giorni con la febbre alta. I miglioramenti hanno cominciato a vedersi i primi giorni di aprile. Tra il coma e la febbre molto alta i miei ricordi di quei momenti sono un po’ distorti, ma la cosa che mi è rimasta più impressa è stata la disponibilità e l’umanità del personale ospedaliero, che è stato come una famiglia».

Ora che il peggio è passato Saverio Santomauro ha potuto, finalmente, lasciare il nosocomio di Ponderano. «Fisicamente mi sento ancora debilitato da un mese e mezzo di lotta contro il Covid-19, mentre moralmente sono felice di aver combattuto e vinto la malattia che per me è stata un vero calvario – continua – Nei giorni scorsi i dottori hanno fatto gli ultimi controlli e valutazioni, la ferita alla trachea si è chiusa e oggi pomeriggio (ieri per chi legge) ho potuto far ritorno a casa e riabbracciare mia moglie e mio figlio».

Infine un messaggio di speranza a tutti coloro che sono ancora ricoverati nei letti d’ospedale. «Coraggio – conclude l’uomo – siete in buone mani e se lo sconforto vuole prendere il sopravvento pensate a chi vi ama e vi sta aspettando a casa».

Giulia Gaia Maretta

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