Seguici su

Senza categoria

Il coronavirus colpisce anche il made in China

Pubblicato

il

Il coronavirus colpisce anche il made in China

Dopo il Wok il Panda di Gaglianico anche un altro ristorante cinese rischia la chiusura per la psicosi che in queste settimane a causa del Coronavirus investe tutto ciò che Made in China. In questo caso stiamo parlando dell’Oriental Restaurant di Cerreto Castello i cui titolari stanno seriamente pensando alla sospensione, seppur momentanea, dell’attività.
Il febbraio 2020 verrà di certo ricordato come il mese del Coronavirus. Tra scuole chiuse, ordinanze regionali, assalti ai supermercati e mascherine a prezzi stellari, le tensioni che stiamo vivendo in Piemonte non sono sicuramente paragonabili a quelle dei nostri vicini lombardi, ma alcune (tristi) conseguenze le stiamo soffrendo anche noi; perfino nella nostra realtà Biellese, che quando si tratta di contagi, virali o psicologici, improvvisamente non sembra più così distante da raggiungere.

E’ certamente il caso del noto ristorante cinese “Oriental Restaurant” di Cerreto che da oltre un mese ha subito un drastico calo della clientela, al punto che la proprietaria Liya Xue sta pensando di fermare l’attività: «Purtroppo le persone pensano che essendo un’attività cinese sia più facile venire infettati dal Coronavirus ma nessuno del personale è stato in Cina negli ultimi due anni. Non so per quanto ancora riusciremo a tenere aperto il ristorante in queste condizioni, pur consapevoli che rispetto ad altri imprenditori cinesi a Biella siamo stati addirittura fortunati, molte attività sono giù state sospese per contenere le perdite».

A dirla tutta, in questi casi di prolungata chiusura dell’esercizio commerciale, il danno economico che si genera non si limita alle attività che chiudono o si fermano, ma si riflette anche su fornitori, personale, affittuari, persino sulla clientela. Per evitare spiacevoli conseguenze e ingiuste ripercussioni economiche, nel caso di forti preoccupazioni per il contagio da Covid-19 la miglior soluzione sarebbe chiamare il proprio ristorante, sarto, parrucchiere o commerciante di nazionalità cinese prima di sospendere ogni rapporto, e chiedere informazioni su suoi spostamenti negli ultimi due o tre mesi.

«Capiamo il disagio e non vogliamo in nessun modo incentivare le persone a violare la legge o a preferire la nostra cucina rispetto ad altre – conclude Liya – la nostra è una richiesta di fiducia: assicuriamo che nessuno di noi è stato recentemente in Cina e se vorrete continuare ad onorarci con la vostra presenza ai nostri tavoli, sapremo stupirvi ancora di più con le nostre specialità orientali e una location appena ristrutturata».

E tu cosa ne pensi?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *