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Biella

Storie di scuola e di caserma

Ecco “Pausa Caffè”, la rubrica settimanale di Giorgio Pezzana

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L’episodio riportato in questi giorni di uno studente dell’Istituto “Gae Aulenti” di Biella che avrebbe minacciato un insegnante con un coltello, rivelatosi poi finto, per un semplice rimprovero, mi ha riportato alla memoria un ricordo lontano, ma rimasto indelebile.

Ero bersagliere ad Aviano, Caserma Zappalà, 9a Compagnia Bersaglieri “Jamiano”, divisione Ariete, nell’anno del terremoto in Friuli (1976, all’epoca il servizio di leva era ancora obbligatorio) ed ero furiere quando un giorno fui testimone di un episodio che avrebbe potuto rivelarsi gravissimo. Un mio commilitone, un ragazzo siciliano della mia stessa camerata, entrò nell’ufficio del capitano comandante della Compagnia, chiedendo una licenza. Quando però il capitano rispose negativamente a causa dell’assoluta emergenza generata dagli eventi sismici di quei giorni, il ragazzo estrasse di tasca un coltellino, minacciandolo.

Il capitano Cirillo (un napoletano di grande gentilezza ed umanità), abbassando gli occhi sulle sue carte disse soltanto: “Rimetti in tasca quel coltellino ed esci subito di qui. Torna solo quando sarai più sereno”. Avrebbe potuto farlo arrestare, farlo trasferire nel carcere militare di Gaeta e lì farlo rimanere per diversi mesi per poi ricominciare il servizio di leva da dove era rimasto. Non fece nulla di tutto ciò, si limitò ad invitarlo ad uscire dal suo ufficio.

Il ragazzo capì la gravità del suo gesto, ma ancor di più la generosità di chi avrebbe potuto metterlo in guai molto seri. Non era un cattivo soggetto, ogni sera quando si spegnevano le luci, imbracciava la sua chitarra e suonava “Storia di due innamorati”. Aveva esagerato per esasperazione e se ne era pentito.

Voglio credere che altrettanto sia accaduto al giovane che ha minacciato l’insegnante al “Gae Aulenti” e che quell’insegnante, come il capitano Cirillo, abbia rivolto il suo sguardo altrove. Il gesto rimane gravissimo e dovrebbe indurre quel ragazzo a riflettere tra sé e sé su cosa intende fare della propria vita, se scegliere la via di una serena convivenza con il mondo o quella di una pericolosa aggressività che lo emarginerebbe sempre più. In queste circostanze difficilmente la sorte concede un’altra possibilità.

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1 Commento

1 Commento

  1. Ardmando

    28 Novembre 2024 at 15:52

    Il romanticismo del passato è bello ma appunto è passato. Anni di debolezza e di mancanza di educazione (civica e militare) ha prodotto quello che sono tanto frutti (marci) delle ultime generazioni. Senza speranza e senza futuro, non tutti però. Quello che è certo che non hanno rispetto ne timore di scuola, autorità e leggi (inclusi i tutori della stessa). Che valori apprendono? Quelli che dovrebbero dare loro i genitori, nel maggior parte dei casi più disperati dei loro figli? O la società che è più attenta a non offendere il prossimo, specie se di religione e/o etnia differente? Una società che è più attenta a come appare sui social che alla sostanza? O forse le lobby degli psicologi, vera gallina dalle uova d’oro del post pandemia? Già perchè al giorno d’oggi non puoi più dire “no” o dare qualche sano schiaffone corettore, che hanno costruito uomini e donne forti fino alla scorsa generazione, oggi devi dire sempre si e chiamare lo psicologo. Il “no” non è politically correct, non sia mai che si crescano generazioni di persone con un cervello attivo e dei valori, altrimenti come si farà a manovrarli come tanti “yes men”. Un tempo NESSUNO osava alzare un dito contro un insegnante, men che meno si sognava di portare un coltello a scuola e mostrarlo in segno di minaccia ad un insegnante. E’ questa la scuola che ha costruito un certo modo di pensare “sinistro” questo è lo scempio sociale e morale che alleva le generazioni future? Ma NESSUNO sta muovendo un dito per cambiare le cose, per distruggere questa scuola rammollita per rammolliti.

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