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I mitici Sprok cantano la morte

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Gariazzo racconta com’è nato “Morire dopo i pasti”: «Dopo quasi vent’anni di gavetta, ci siamo voluti cimentare in un lavoro impegnativo a tema. Forse un azzardo, ma cosa abbiamo da perdere? Siamo sempre stati troppo punk per il mercato “pop” e troppo commerciali per il mercato “alternativo”»

Sarà per il tema di grande attualità, oppure per il fatto che a cantare è un gruppo blasonato – ultimamente un po' sparito dalla scena – o anche solo perchè le canzoni sono di quelle che colpiscono e rimangono dentro, certo è che l'ultima fatica degli Sprok sta andando alla grande.

“Morire dopo i pasti” è il titolo del disco al quale il gruppo punk più longevo della storia biellese ha lavorato per sei anni. Si tratta di un mix di riflessioni sulla morte, che può essere vissuta in migliaia di modi. Roberto Gervaso diceva che “Solo chi accetta la morte può dire di aver vissuto”, ed è questa la filosofia che gli Sprok seguono. Enrico Gariazzo,  autore di testi e musiche, voce e chitarra, racconta il percorso fatto insieme agli altri componenti del gruppo: Trinca, basso e voce, Patrick Seguini batteria e Ricky Regis.

Come è nato “Morire dopo i pasti”?
Dopo quasi vent’anni di gavetta, ci siamo voluti cimentare in un lavoro impegnativo a tema, probabilmente un azzardo, ma tanto cosa abbiamo da perdere? Siamo sempre stati troppo punk per il mercato “pop” e troppo commerciali per il mercato “alternativo”, ma noi sappiamo fare musica così e non abbiamo intenzione di cambiare per scelte altrui. Non abbiamo mai pagato nessuno per fare musica perché i nostri genitori ci hanno insegnato che si lavora per essere pagati, magari poco, ma non si paga per lavorare. A cosa serve comprare spazi televisivi e radiofonici se poi non si ha un pubblico live? Siamo fieri di avere un grande seguito senza averlo comprato.

 

L'intervista completa in edicola domani sulla Provincia di Biella

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