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Le mezze stagioni non ci sono mai state

Gli sbiellati, la rubrica di Lele Ghisio

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Su questo non ci piove. Sul fatto che è un bel po’ che non piove. Se addirittura certi presidenti di nostrane partecipate all’acqua sanno bene a che santo votarsi e invocano pubbliche processioni a Oropa come nel 1916, perché allora funzionò e piovve, vuoi mica che non funzioni adesso che le invocazioni si possono anche spammare via social. Roba da non crederci, fede a parte. Comunque camminare fa bene, e sai mai che piova davvero e qualcuno, umano o divino, possa ascriversene il merito.

Su questo e altro è inutile cercare di vederci chiaro, perché in città gli assessori alla luce pubblica la spengono presto e, forse ma forse, la accendono più tardi se gli resta qualche spicciolo in bilancio, che adesso le bollette si son fatte care e salate. Tocca ribadirlo spesso, ormai: non è fiction, è realtà; è quel che ci accade attorno. Imprese di comuni amministratori nell’epoca della scienza e della tecnologia.

Se già il clima locale era l’argomento più gettonato negli ascensori dei condomìni biellesi, ora è diventata l’unica ossessione e ne parliamo con l’occhio fisso sull’app meteo del nostro cellulare, piuttosto che sulla cravatta improbabile del compagno di viaggio in ascese o discese.

Piccola digressione alla quale non riesco proprio a rinunciare: prima o poi bisognerà pur riflettere sull’aggettivo “gettonato”, che in me evoca adolescenti reminiscenze canzonettare e non so se voi se nemmeno lo usate più.

Non ci sono più le mezze stagioni, ci piace dire, ma in realtà non ci sono mai state se già Leopardi le declinava nei suoi “Pensieri” ruminando tra sé e sé: “I mezzi tempi non vi son più”. Come dar torto alle ruminescenze del poeta? Del resto, prima di questa, altre siccità si sono storicamente susseguite, così come qualche glaciazione o biblica pioggia torrenziale, tanto per restare in tema mistico.

Quello che ricorre, soprattutto in quest’epoca d’iperinformazione, è la necessità di definire “emergenza” situazioni tutto sommato ordinarie. Attenzione: sto facendo tutt’altro che negare il cambiamento climatico, perché al naturale ricorrere di eventi naturali si è aggiunto, sostanzialmente negli ultimi due secoli, l’artificiale contributo dell’uomo che accelera un fenomeno che rischia di farsi insostenibile per il nostro attuale standard di sopravvivenza. Tra l’altro non di tutti, ma di alcuni privilegiati perché altri sono nati e vissuti dentro a una siccità permanente o a un altro disastro naturale.

Quindi oltre all’emergenza si insegue il record: il caldo record, la pioggia record, la siccità record. Niente di più probabilmente falso perché le misurazioni e la conservazione dei dati sono pratiche recenti. E la nostra memoria è quella che è: umana. Qualche mese fa l’Osservatorio di Oropa commentava così in un suo post: “Quest’anno c’è una siccità storica, però dobbiamo ricordare che solo nel 2018 e poi nel 2019 in autunno abbiamo avuto in tutta la Val Padana piogge da alluvioni con livelli di pericolo per fiumi e laghi e pure nel 2020 c’è stata tantissima acqua in autunno, il che vuol dire che dobbiamo solo imparare a conservarla e usarla meglio. I numeri dicono quello”. E questo è il punto: a conservarla e usarla meglio non abbiamo mai imparato. Abbiamo fatto coincidere la sensazione di benessere con il diritto di sprecare.

Da un certo momento in poi non ci è importato più nulla, socialmente e individualmente, se i nostri acquedotti avessero una dispersione esagerata o meno, se piovesse più o meno, se fossimo in grado di conservare l’acqua disponibile per un futuro più o meno prossimo, se le captazioni di qualsiasi natura fossero fuori scala o meno. Declinando così lo spreco in individuale, civile, agricolo o industriale che fosse: non ce n’è mai importato, se non era “emergenza”.

Tutto ciò al netto di spesso strumentali e interessati dibattiti sull’uso e costruzione ex novo di invasi, là dove la morfologia del territorio lo permette. In questa zona una volta considerata – con una rudimentale metafora – il pisciatoio d’Italia, anche per questo si è giunti al paradosso dell’invocazione miracolistica, dopo vane e poco recepite ordinanze antisprechi.

Lo stesso ragionamento è applicabile all’estemporaneo “m’illumino di meno” decretato dall’assessore ai lampioni: abbiamo sempre abusato di energia elettrica senza porci troppi problemi a riguardo dei consumi e dei relativi costi per la comunità, e da quando questi hanno subìto un’impennata improvvisa non abbiamo più soldi per tenere accese le strade. E l’abbiamo sempre fatto con spregio dell’inquinamento luminoso, per esempio. E senza mai, se non negli ultimi tempi, riflettere su forme d’illuminazione sostenibili. Però siamo bravi a lamentarcene sempre, come se ogni volta e per ogni cosa la colpa fosse altrui. Siamo insomma causa del nostro male e ci toccherebbe piangere noi stessi. Se solo ne fossimo capaci.

Lele Ghisio

Lele Ghisio

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1 Commento

1 Commento

  1. Ardmando

    7 Marzo 2023 at 8:29

    La costruzione di un maggior numero di invasi artificiali è un obbligo, ed è veramente miope negarlo o opporvisi. Inoltre l’Italia è una delle poche nazioni in Europa che NON recupera l’acqua piovana dai tetti degli edifici, ma la incanala direttamente nelle fogne. In merito al discorso sull’energia elettrica, le ricordo che l’Italia è l’unica nazione che ha proposto (male) anni fa un referendum (ed è tutto dire visto quanto è inutile lo strumento del referendum) sull’abolizione e il divieto delle centrali nucleari, che sono al giorno d’oggi l’UNICA forma di produzione di energia seria, sostenibile, sicura e perfettamente adatta a gestire le sempre maggiori richieste di energia elettrica, tralasciando la farsa del passaggio alle auto a pile, che per fortuna non avverrà mai. Abbiamo sempre abusato dell’energia elettrica degli altri, dei francesi in modo particolare che guarda caso utilizza centrali nucleari che non si sogna di fermare. Se in Italia NON avessimo Verdi e Ambientalisti della domenica e il resto della maramaglia radical-chic che fa la grandiosa coi soldi degli altri, vivremmo meglio e avremmo la possibilità di produrre la nostra energia come e dove ci pare. Detti gruppi si oppongono a qualsiasi cosa a prescindere (un po’ come fa il PD) ma SENZA proporre alternative credibili. No a tutto, no alle centrali idroelettriche perché è un male costruire altre dighe, no alle centrali eoliche perchè alterano i flussi dei venti, no alle centrali fotovoltaiche perchè deturpano il paesaggio, no alle centrali nucleari perchè il nucleare è “brutto e cattivo” (questa è la loro unica scusa). In quanto al cambiamento climatico, è innegabile ma è un processo naturale, ciclico ed inevitabile. Forse lo abbiamo accelerato un po’, ma anche in questo caso non ci potevamo fare nulla (ed è da dimostrare che l’uomo abbia contribuito in modo così massiccio)

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