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Borracho, muy borracho…

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C’era un divertentissimo siparietto di Paolo Rossi (non il calciatore, il comico) che descriveva le reazioni di un etilista al cospetto di un evento inatteso. E classificava i livelli di tasso etilico a seconda delle reazioni dell’ubriaco: borracho, muy borracho, negación de la evidencia, insulto al clero. Ecco, con la manifestazione dei negazionisti di sabato a Roma, siamo al terzo livello: negaciòn de la evidencia. Ci salveremo dall’insulto al clero probabilmente solo perché, per molti, è ormai diventato sport quotidiano, a prescindere dallo stato di ebbrezza.
Essere negazionisti a fronte di oltre cinquemila contagi da Covid in un sol giorno richiede un bel coraggio, appunto quello di chi nega l’evidenza. Il problema è che la negazione di questa evidenza, rischia di mettere in pericolo la salute anche di chi negazionista non lo è. E già questo basterebbe per interrogarsi su manifestazioni che hanno un pesante retrogusto politico e un forte sentore di irresponsabilità.

E poi, diciamocela tutta, con quale diritto questi negazionisti fuori luogo e fuori tempo definiscono “schiavi”, “sottomessi”, “pavidi” coloro che, in fondo, si limitano a rispettare le regole, adottando misure (la mascherina) che vengono richieste per tentare di arginare una pandemia che sembra dura a morire? Sento parlare di rivoluzione, dittatura, disobbedienza civile. Ma di cosa stiamo parlando? Di cosa stiamo farneticando? Siamo al cospetto di un’emergenza planetaria che nel nostro Paese, fortunatamente, per ora, è meno aggressiva che altrove e c’è chi straparla di dittatura solo perché ci vengono richieste misure che si spera possano arginare una recrudescenza dei contagi. Pensiamo, per rimanere nel nostro ambito, al focolaio di questi giorni nel nostro piccolo comune di Sordevolo. Basterebbe questo per indurci a riflettere su quanto sia assurdo il negazionismo. Anzi no, è preoccupante, perché una comunità che non sa darsi un senso civico in frangenti come questi, rischia di trasformarsi in un’orda di scellerati che fanno a gara a chi grida più forte.

Giorgio Pezzana


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