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Aldo Fappani si racconta

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Aldo Fappani si racconta. Lo definiamo poeta, prima che storico, per le sue composizioni liriche, ma anche per quel suo approccio nobile verso il prossimo. Classe 1946, è stato assessore comunale a Vallemosso e consigliere provinciale. Oggi è presidente dell’Associazione culturale “Centro studi dolciniani” di via Vercellotto.

«Sono un ibrido – spiega -. Papà Lorenzo, bresciano, aveva conosciuto mamma, Bruna Cecchini, in Toscana, facendo l’addestramento militare, poi era stato in guerra in Africa nel 1935. Entrambi erano nati nel 1911. Io sono nato a Biella e mi sento piemontese».

Aldo Fappani si racconta

A questo punto fa riferimento a un gruppetto di case ai piedi del monte Rovella. «È frazione Batur, dove sono nato io e in cui, intorno al 1816, sorse la prima fabbrica di Pietro Sella, la “macchina vecchia”, divenuta poi di Gregorio Reda. In seguito ci siamo trasferiti nell’altrettanto storica frazione Picco Ormezzano. Ero un bambino timido, figlio di operai tessili. Eravamo tre fratelli. Ero affascinato dalla natura, dagli uccelli soprattutto, dalle albe e dai tramonti».

«Mio padre proveniva dal mondo contadino ed era di fede cattolica, ma non fanatico. Non mi ha mai imposto nulla, io ho iniziato a servire messa con don Diego Scanzio. Ci andavo a piedi, da solo. Alle 6.15 dovevo essere in chiesa. Il sacerdote, vedendo il mio impegno, aveva proposto a mio padre la scuola in seminario. C’ero andato per qualche anno, poi avevo capito che non era la strada giusta. Avevo ripreso la scuola normale, ma alla fine non avevo proseguito gli studi, perché mi piacevano di più il pallone, il mondo del lavoro e le amicizie».

Aldo, in pensione da diversi anni, racconta di aver lavorato al Lanificio “Giuseppe Simone e figli” di Vallemosso, poi alla “Stipel”, divenuta “Sip”, oggi “Telecom”. «Riparavo telefoni di base, poi anche se non avrei voluto per dubbi etici e morali, avevo prestato servizio militare negli Alpini, a Bra per l’addestramento e ad Aosta, Caserma “Testafochi”. Esperienza non banale».

«Terminato l’arruolamento ero tornato al mio lavoro e nel tempo libero amavo la montagna, pescare e andare a funghi. Nel 1971 ho sposato la mia dolce metà, Rosella Mazzola, guai non l’avessi, originaria di frazione Vaudano di Trivero. Dopo cinque anni è arrivata nostra figlia Francesca. Oggi abbiamo una nipotina, Viola, che per noi è molto importante».

Aldo è sempre stato impegnato anche in attività sindacali, politiche e culturali. «Premesso che l’impegno politico va inteso con spirito di servizio e non come un mestiere – dice -, ho fatto per oltre 35 anni il consigliere comunale a Vallemosso. Nell’ultima legislatura, iniziata nel 2009, sono stato assessore alla Cultura nella giunta di centro sinistra. Sono stato consigliere provinciale con Sergio Scaramal, un’esperienza importante che mi ha fatto capire tante cose».

«Nei primi anni Ottanta, ho sentito la necessità di scrivere e ho iniziato a produrre poesie così, alla buona. Mi vengono da dentro. L’età mi fa pensare a cos’è la vita umana, cosa si esiste a fare – a si commuove, poi prosegue spiegando che partecipa a rassegne in tutto il Nord Italia, ottenendo riconoscimenti -. Dal 2000 al 2020 avevo fatto volontariato sociale con Auser a Vallemosso, che ho fondato con Pierino Crepaldi. Accompagnavo i bambini a scuola con il pulmino. Faccio parte dal 1974 del “Centro studi dolciniani” e, dal 2009, da quando è mancato il professore Gustavo Buratti, sono presidente pro-tempore».

«Ora vivo la vecchiaia e cerco di preservare la salute, il bene più prezioso. Pur non riuscendo più a fare tutto ciò che facevo un tempo. Scrivo ancora poesie e collaboro con il vostro giornale, nelle pagine de “La Gèrla dal Bieléis“ – conclude Aldo Fappani -. Tutto ciò è orlato dall’amore della mia famiglia e per la nostra cara e meravigliosa nipotina. Capisco sempre di più il valore della vita. L’esistenza bisogna amarla fin nelle piccole cose, apprezzarla anche soltanto perché ci siamo, in tutte le sue sfumature, con bontà, impegno e intelligenza».
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