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Un bel tacer mai scritto fu

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Fonzarelli di provincia

BIELLA – Un bel tacer mai scritto fu. Un adagio che la parte veneta della mia famiglia si tramanda da qualche generazione; fatto che ne conferma, in maniera del tutto empirica, la natura veneziana e la diffusione popolare. A prima vista può apparire l’antagonista naturale dello “scripta manent, verba volant”, ma in realtà il suo senso è più profondo e filosofico, piuttosto che affine al gergo leguleio applicato agli accordi contrattuali.

Una frase breve, che sintetizza in forma di saggezza popolare l’opportunità del silenzio che, proprio grazie alla sua consapevolezza, acquista maggior senso d’ogni parola che sarebbe possibile pronunciare in un momento dato.

Sarebbe certo bellissimo recuperare a posteriori tutti i preziosi silenzi fin qui, ossimoricamente, enunciati. Sarebbe fantastico (non) leggerli sui libri di storia e capire cos’hanno significato veramente, quali cose sono accadute e quali no grazie a questa peculiare forma (in)espressiva. Peccato non poterlo fare, perché così siamo condannati alla supposizione eterna: inermi di fronte al fiume di parole scritte e non, quindi, taciute. Che, altrimenti, chissà.

Purtroppo mi sa che la saggezza popolare si sia andata via via trasformando in ignoranza populista: quella dell’arroganza delle parole fatte a ogni costo; del silenzio non contemplato nel proprio vocabolario retorico. Anche l’arte oratoria non è più sancita dai tempi musicali di voce e sospensione, ma solo dall’invadente rumore di fondo che la dichiarazione permanente genera.

Questo è il punto in cui si dovrebbe capire dove voglio andare a parare, ma ve lo spiego per scrupolo, perché fosse per me, visto ciò che ho appena scritto, potrei finirla qui. Il Covid festeggia in questi giorni il suo primo compleanno – che non sarà l’ultimo, rassegniamoci – e potrebbe benissimo soffiare sull’unica candelina buona per bruciare tutte le parole inutili dette finora. Dopo la prima, sacrosanta e giustificabile, strizza abbiamo in coro cominciato a tacciare anche il realismo come inutile allarmismo. Poi abbiamo fatto dell’allarmismo un’arma retorica d’opposizione o di governo, a seconda della bisogna di chi apre bocca (e lo fanno tutti, ahimè), con grande eco dei media che non vedono mai l’ora.

A far tesoro di certi silenzi dovrebbero però essere, almeno, i rappresentanti delle istituzioni, adesso che pure gli sceriffi pentastellati ne hanno capito l’importanza spegnendo lo streaming a oltranza. La scorsa settimana il nostro comandante cittadino in capo, sempre sensibile alle telecamere, fossero quelle della diretta Facebook o del Tg di Sky, non si sa bene se nel tentativo di mettere le mani avanti o in quello di nuocere al rivale di sballottaggio infinito che presidia l’istituto scolastico, ha dichiarato su un canale nazionale la possibilità che il nostro Liceo Scientifico fosse luogo di focolaio Covid variato all’inglese. Poco importa che fosse o meno una dichiarazione mal interpretata con la complicità televisiva di un montaggio addomesticato a favore di sensazione.

Non si tratta certo di mantenere un segreto, che sarebbe di Pulcinella con 700 alunni coinvolti, ma di non dare enfasi a una possibilità. Che, per definizione non è mai una certezza. Si è rivelato invece un ottimo test per i protocolli antiCovid previsti per le scuole: Asl allertata, scuola in quarantena e tamponi per tutti predisposti nel giro di un paio di giorni. Risultato: il liceo non è un focolaio, una coppia di casi tempestivamente circoscritti e la scuola pronta a ripartire con le modalità e le precauzioni già previste. Quasi fosse un’esercitazione della Protezione civile. D’incivile resta il chiacchiericcio fine a se stesso, e il solito tentativo di mettere le mani avanti per un efficace scaricabarile.

A questo punto una precisazione mi pare doverosa: quando Iacopo Badoer vergò quell’adagio, verso la metà del 1600, le registrazioni audio-video non esistevano. Ora esistono e fanno testimonianza dei silenzi mancati quanto la parola scritta. Ed è curioso rivederne alcune in cui il nostro sindaco addossa ogni colpa al governo centrale solo perché d’altra fede politica, allarmismi compresi. Mentre adesso, in dirette buone solo a dirci ciò che già sappiamo, lo vediamo in imbarazzo tra una zona gialla e una arancione. Il risultato è che la settimana scorsa recitava: “dati positivi, che ci consentono di non avere troppe preoccupazioni”, fuori sincrono rispetto a questi giorni, in cui si conferma il peggioramento della situazione. Forse è proprio meglio smettere di dire, quando invece c’è ancora molto da fare.

Lele Ghisio

 

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