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Il barbone sotto casa mia

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Lo osservo dalla scorsa primavera , da quando mi sono trasferita nel nuovo appartamentino viglianese. Mi affaccio alla finestra della cucina che guarda al parchetto, e lui è seduto sopra alla panchina. Mezza età, vestito come tanti, mangia il suo panino, butta educatamente la carta nella spazzatura  – non come quei ragazzini delle scuole che sorprendo sempre sporcare e farsi le canne – e si accuccia, inerme, su quelle due assi di freddo legno grezzo. Lo guardo, e penso dentro di me che potrei fare qualcosa. Che sia una pizzetta,  una bibita fresca, o una parola di conforto. Se solo lo volessi davvero, potrei farlo. Ma resto così, impassibile. Ogni mattina, lo guardo, inzuppo il mio biscotto, e non faccio nulla. Per lui, per me.

Avevo dieci anni, erano le sette e quaranta del mattino, e mio papà stava accompagnandomi a scuola in macchina. Improvvisamente, sotto un arco del portico di viale Roma, inchiodò l’auto. Io non capii e mi spaventai. Corse a fermare un delinquente che stava spintonando una donna, probabilmente la sua, fino a farla cadere rovinosamente a terra, in lacrime. Lei aveva i collant neri, rotti sulle ginocchia. Il bar adiacente era gremito di spettatori. Le loro mani nelle tasche dei giacconi. Stessi occhi curiosi, stessa indifferenza per tutti. Stessa indifferenza mia per quell’uomo del parchetto.

Stessa indifferenza stampata sui volti di due anime che si sono vissute, tanto o poco che sia, e che, quando il destino le fa incrociare per le vie di Riva, sistematicamente spostano l’attenzione altrove, ovunque tranne che sul corpo che un tempo hanno amato.

Stessa meschina indifferenza che alle volte, per futili o importanti motivi, consegue quella che era un’amicizia. E’ proprio vero che, quando viene meno la fiducia, anche il rapporto più solido crolla in frantumi, ed è altrettanto vero che, quando succede, fa male come l’esplosione di una bomba, capace di disintegrare in mille pezzi il cuore, la mente e i suoi ricordi. Siamo capro espiatorio dell’unicità che ci caratterizza, e che ci porta a credere di essere sempre indispensabili per la felicità altrui. Balle. La realtà è ben diversa. Ma è davvero così semplice mostrare quella gelida indifferenza, quella che ci rende imperturbabili,  quando un’amicizia ti volta le spalle?

Silvia Serralunga

La rubrica di Silvia Serralunga viene pubblicata sulla Nuova Provincia di Biella in edicola sabato

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