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Opinioni

L’assuefazione al dolore degli altri

Pensieri e parole di Vittorio Barazzotto

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BIELLA – La situazione di Israele e del medio Oriente, che sta degenerando velocemente e che può allargarsi in modo incontrollabile, ci deve far interrogare sul peso reale dei problemi che documentiamo sui nostri giornali di provincia. Parlare delle inefficienze della giunta o di episodi di cronaca locale potrebbe far provare qualche senso di colpa al cronista di turno, che deve dare risalto alle faccende di provincia, quando fuori dai nostri confini il mondo è in fiamme.

Il flusso continuo di notizie tragiche, amplificato dai mille rivoli della comunicazione, provoca in molte persone un senso di assuefazione alla guerra e al dolore degli altri.

Molti sono ormai impermeabili ai sentimenti di vicinanza umana verso la sofferenza altrui. Ci si fa coinvolgere da una quotidianità costellata di piccole incombenze e si allontana il pensiero della guerra, che uccide tutti i giorni tantissime persone come noi. Eppure i suoi effetti sono visibili anche a Biella. Basta andare nelle scuole o nelle comunità di persone per rendersene conto, scorgere lo sguardo degli ucraini strappati alla loro vita normale, basta parlare con i cittadini biellesi musulmani o ebrei, che hanno parenti che vivono nelle zone martoriate dai bombardamenti e percepire la loro angoscia.

Per Italo Calvino l’inferno dei viventi non è qualcosa che verrà, ma una realtà attuale che formiamo stando assieme e ci sono solo due modi per non soffrirne. Il primo è facile per molti e si basa sull’accettazione dell’inferno, diventarne parte fino a non vederlo più. Il secondo, invece, è più complesso perché richiede più attenzione e si basa sul saper riconoscere chi e cosa in mezzo al dolore non è inferno e dargli spazio per farlo durare. Spaventarsi, indignarsi e partecipare al dolore degli altri magari non risolve un conflitto mondiale, ma salva la cosa più importante: la nostra umanità. (a partire da quella locale)

Vittorio Barazzotto

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