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Il Punto Esclamativo

Dal mio microfono usciva un tuono: “The Thunder… Brandon Hunter!”

“Il Punto Esclamativo”, la rubrica settimanale di Corrado Neggia

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Non so quanta spiritualità possa celarsi nello schianto a terra di una palla a spicchi. Leggasi schiacciata! E neppure nello spirito di una stoppata. Non so neppure quanto lo yoga avesse contagiato Brandon Hunter. Lo apprendo curiosando nella rassegna stampa, che respinge al mittente ogni altra forma al presente del campione a stelle e strisce che brillò all’ombra del Mucrone. Leggo di un presunto “collasso dopo una seduta di yoga”. E tanto basta per trovare una motivazione. Una motivazione che rimane tale e che aggiunge poco o nulla alla disgrazia. La disgrazia che pone fine alla leggenda di un 42enne che seppe ritagliarsi spazi più che discreti in Nba (Boston e Orlando), prima di costruirsi una carriera top Oltreoceano.

Forse anche la spiritualità giocò a favore del giovane Brandon, così bravo, ma anche così lontano dalla sua Cincinnati. Spiritualità è benessere interiore, star bene e far bene. A sé stessi e al prossimo. Spiritualità è anche stile di vita: gentilezza, riflessione, compassione, meditazione, agonismo. Tutte queste componenti mi portano a valutare la persona. L’Uomo Brandon, con la U (!!!) rigorosamente maiuscola, come maiuscolo era il personaggio. L’atleta. Il professionista. Il campione. Ancora prima Golden-boy al collage (Athens) e all’Ohio University in canotta Bobcats. Furono quelli i tempi vissuti sul trampolino di lancio: Nba (da buon protagonista!), Cba (star dei Sioux Falls Skyforce), Europa. In Grecia non lasciò tracce, complice un polso (momentaneamente) ballerino.

L’Italia fu il suo Olimpo: Napoli, Livorno, Biella, Montegranaro in ordine sequenziale. Centrone “piccolo” ma d’impatto (201 centimetri per 120 chilogrammi) diventò idolo di una Biella che usava i gomiti per competere tra le grandi. Brandon diventò uno dei terminali letali di Luca Bechi, scaldando il cuore dei tifosi, contribuendo al secondo posto al giro di boa e facendo sognare in Coppa Italia. Di lui ricordo l’eleganza che ne attutiva la potenza, ma non per questo usava il silenziatore. Dal mio microfono usciva un tuono: “The Thunder” Brandon Hunter!!! E la Curva rispondeva in coro facendo il verso alla sigla degli Antenati: “Brandon, Brandon Hunter…” (Yaba Daba Dù!). È stato un piacere pronunciare e scandire il tuo nome!!! Ciao Brandon, Biella non dimentica i suoi Eroi!

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