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Gli Sbiellati

Vogliamo “fortemente” le cure

Gli Sbiellati: Una rubrica per tentare di guardarci allo specchio e non piacerci

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Fonzarelli di provincia

BIELLA – A volte ho l’impressione di non vivere nella realtà, ma in qualcosa che cerca disperatamente di somigliarle. Di vivere in un posto in cui ci si convince. Di un sacco di cose: che tutto vada bene, che siamo all’avanguardia, che siamo un’eccellenza (qualsiasi cosa questo voglia dire, che, ormai, vescovi a parte, se n’è perso il significato a forza d’invocarla), che siamo un’isola felice (una metafora che mi è sempre sembrata strana per un paesone di mezza montagna), che sappiamo fare, che siamo biellissimi. E, a tutto questo, ci crediamo “fortemente”.

Un avverbio in cui, invece, io non ho mai creduto: suona male, finto, spinto a forza, un rafforzativo presuntuoso necessario solo se si è a debito di fiducia, intrinsecamente supplichevole e manipolatorio.

Eppure. Eppure in ogni annuncio che si rispetti – o anche no, che non lo si rispetti per buoni motivi – ne fanno orgoglioso uso politicanti d’ogni risma: dal sindaco di paesi con meno abitanti d’un condominio alle assessore regionali e anche oltre, temo. Lo fanno per personalizzare il contenuto dell’annuncio: dal rifugio per cani presbiti rimasti vedovi all’edificazione di un nuovo stadio, come se ce ne fosse davvero bisogno. Loro, professionisti dell’inaugurazione o proprio solo dell’annuncio di qualcosa che potrebbe anche non accadere mai, l’hanno “fortemente voluto”. Caparbiamente, dovete crederlo che non ci hanno dormito la notte con quel pensiero fisso in testa.

Dev’essere questo che ha tormentato le notti e, forse, anche i giorni di un’assessoressa regionale a chilometro zero, che sembra dichiarare che l’ha “fortemente voluto” da ogni foto opportunity apparsa sui giornali locali in questa settimana: a leggerli sembra che il welfare aziendale l’abbia inventato lei. Che Adriano Olivetti abbia soltanto dato il nome a macchine da scrivere che ormai nessuno usa più.

Il succo è questo: l’ospedale nostrano soffre di un’emorragia di medici, e pure bandi e concorsi rimangono anemici di aspiranti a vivere una vita professionale a Ponderano. Pare che il marketing turistico locale in atto non sia così efficace per attrarne a sufficienza, per questo l’assessoressa ha “fortemente voluto” che l’ospedale si doti, chissà quando ma presto come sempre dichiarano le dichiarazioni, di un asilo interno con baby parking buono anche per pazienti e affini e, magari, anche di una palestra.

Il tentativo è di creare un pacchetto di benefit per i dipendenti dell’Azienda sanitaria, un’esca da gettare nel mare dei medici in cerca d’autore. E, udiamo udiamo, sarebbe bello aprire queste strutture a tutta la popolazione, il che – sostiene lei – ci farebbe d’improvviso diventare un modello per il Piemonte, ma che dico per il Piemonte: per tutta Italia. Gioire così per l’apertura di un nuovo asilo nella città probabilmente più “vecchia” d’Italia lascia un po’ perplessi.

Il dato veramente triste è che, benefit o meno, siamo un posto in cui non ci vuole venire quasi nessuno a vivere e parecchi di quelli che ci vivono lo farebbero più volentieri altrove. Abbiamo un bel dire che il nostro ospedale è nuovo e all’avanguardia e c’è pure la convenzione con l’Università. Per i medici di cui abbiamo un disperato bisogno, oltre a parcheggiare i figli nell’asilo aziendale (cosa buona e giusta, per carità), si tratterebbe anche di vivere la propria vita familiare e sociale qui. Magari non proprio dentro all’ospedale, ma in città e dintorni. E, a quanto pare, di venire a Biella non ne vogliono sapere e tentano altrove la sorte professionale. Qualcosa vorrà ben dire.

Intanto, qualche mese fa dicevamo delle diecimila prestazioni cliniche da recuperare da parte del nostro ospedale. Intanto la situazione non sembra per nulla migliorare e qualche lecito dubbio sorge, se si scopre che tra i responsabili della diagnostica di un centro privato di prestazioni cliniche appena fuori città c’è pure il presidente della Commissione Sanità della Regione Piemonte. Cioè: chi sovrintende ai lavori del Consiglio regionale in materia sanitaria – quindi della sanità pubblica – lavora anche per un centro privato. Non siamo certo qui a discuterne la liceità, ma l’opportunità sì. E il dubbio che in qualche modo da questo stato di cose venga favorita la sanità privata rispetto a quella pubblica può venire, e restare.

Quindi, stante l’evidente stato di sofferenza per garantire le ordinarie prestazioni cliniche, in Regione per l’ospedale di Biella si studiano di notte liste di benefit per attrarre in futuro i medici che mancano? Bene, ma non benissimo. Perché tutti noi “vogliamo fortemente” avere accesso a diagnostica e cure. Adesso.

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