Gli Sbiellati
L’acqua quasi pubblica
BIELLA – Ci sono faccende a cui di solito facciamo poco caso. Perlopiù sono loro a fare caso a noi, quando, con invidiabile memoria, mica si dimenticano d’inviarci bollette di fronte alle quali cominciamo a disperarci già nei sottoscala, accanto alla buca delle lettere. Sono faccende che s’affacciano sui giornali locali, in qualche irrinunciabile occasione amministrativa di cui magari capiamo poco.
Al di là delle bollette, di acqua, nelle incipienti primavere degli ultimi anni, ne abbiamo parlato spesso con cadenza lamentosa preoccupati dalle siccità sempre più incombenti. Del resto il chiacchiericcio sul meteo è ancora l’espediente più in voga per uscire dalle secche dei silenzi imbarazzati. Però di acqua ne passa ancora, metaforicamente, sotto ai ponti e, oltre alle mamme che imbiancano, capita che alcuni nodi vengano al pettine.
Il nodo da sciogliere è ora quello di EgAto2, l’acronimo che con sprezzo della sintesi definisce il più articolato e misterico: “Ente Governo Ambito Territoriale Ottimale”. Tradotto significa l’organismo politico che, per quanto riguarda il Biellese Vercellese e Casalese tutti insieme poco appassionatamente, sovrintende alla rete idrica di distribuzione e un paio d’altre cosette accessorie (fognatura e depurazione).
La Conferenza di quest’organismo è composta dai 15 rappresentanti dei 172 comuni che lo definiscono territorialmente, da quelli delle cinque province (Biella, Vercelli, Alessandria, Torino, Novara) e delle cinque unioni montane. Il nodo vero, quello venuto al pettine al 31 dicembre dello scorso anno, che ne prevedeva la scadenza, è la riassegnazione della concessione dei servizi idrici per i prossimi trent’anni, fino al 2053.
Due le squadre in campo: i forieri dell’acqua pubblica per un affidamento “in house”, come si usa dire, e i paladini del sistema pubblico/privato per l’affidamento a una società mista. Per statuto la decisione va presa con una maggioranza qualificata del 75% e visto che i favorevoli alla soluzione “pubblica” sfiorano il 70% si è prodotta una situazione di stallo che comporterà il commissariamento regionale dell’ente.
Senza entrare in troppi dettagli, il dato politico è che la maggioranza ha dato un’indicazione precisa, mentre il dato tecnico costringe all’impasse e tiene in gioco i vercellesi che hanno a cuore il prosieguo dell’esperienza mista. Non è questione di poco conto. Semplificando: con un sistema di gestione pubblico gli utili generati dal servizio possono contribuire a ridurre le bollette ai cittadini o essere reinvestiti su manutenzioni alle infrastrutture per ottimizzarlo; con un sistema misto parte degli utili andranno a generare il profitto dei partner privati.
Resta quindi da chiedersi che parte hanno recitato in commedia i vari attori, ricordando che alla presidenza di EgAto2 c’è il sindaco di Biella che, candidamente, dichiara: «Si è arrivati male a questo punto e ora è tardi». Appunto. Nel Paese delle proroghe, se la proroga non c’è l’indecisore è in difficoltà e allarga colpevolmente le braccia: errori di tessitura, quella che è politicamente mancata.
Ora sarà un commissario regionale a dirci cosa dovremo fare, o subire. Intanto assistiamo allo spettacolo di piccoli leghisti che le braccia le agitano per dire quanto la Lega sostenga l’acqua pubblica e lo faccia con il solito avverbio: “fortemente”. Memorie corte, come le braghe che portavano quando, al referendum nazionale del 2011, la Lega professava, fortemente, il suo “fate un po’ come volete” come massimo grado d’interesse. O come nel 2019, quando la stessa Lega emendò la proposta dei colleghi di governo a cinque stelle, limando di molto il concetto di “pubblico”. E scordando comunque che, in EgAto2, nella frangia sensibile alla soluzione mista ci stanno amministrazioni di cui la stessa Lega fa parte. Facce da propaganda.
Intanto. Un recente rapporto Istat certifica che gli italiani sono quelli con il maggior consumo di acqua potabile pro-capite rispetto alla media europea e hanno le tariffe più basse; che trattengono solo l’11% dell’acqua piovana rispetto ad altri che ne conservano il 40%; che investono sul sistema idrico 56 euro per abitante contro una media europea di 82. Che i nostri acquedotti perdano per strada il 42% dell’acqua potabile è ormai un dato endemico al quale pare siamo rassegnati, visto che nessun governo riesce a mettere mano alla manutenzione dei condotti.
E dire che il 12 giugno del 2011 votammo un referendum per mantenere pubblica la gestione dell’acqua, e il 94% dei votanti (27 milioni di italiani) si espresse a favore. Da allora nessun governo mise comunque mano a un sistema di oltre 2.300 gestori idrici, un guazzabuglio di società in cui il 91% degli utili è distribuito agli azionisti privati, senza obbligo di investimenti alla rete, invece di aggiornare tecnologicamente la distribuzione e perseguire una diminuzione della dispersione.
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Pier Giovanni Malanotte
31 Gennaio 2024 at 13:05
mi viene in mente un certo don Juan ( non so se è scritto correttamente ) figlio naturale di qualche nobile sabaudo che, per campare, aveva la potestà e le prebende sulle acque in quel di Andorno e dintorni.