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L’addio malinconico e deluso del Gipin

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«Il Carnevale è cambiato in tutti i sensi». Con questa espressione carica di malinconia e delusione si apre la conversazione con Ermanno Caneparo, alias il Gipin. È un Caneparo deciso nel suo addio quello che incontriamo. Che non lascia spazio alle speranze del Sindaco. «Gli ho detto di no già il giorno della consegna delle chiavi» ribadisce.

«Il Carnevale è cambiato in tutti i sensi». Con questa espressione carica di malinconia e delusione si apre la conversazione con Ermanno Caneparo, alias il Gipin. È un Caneparo deciso nel suo addio quello che incontriamo. Che non lascia spazio alle speranze del Sindaco. «Gli ho detto di no già il giorno della consegna delle chiavi» ribadisce.

Dopo 62 anni di carnevale e  trent’anni da Maschera, chi più di lui può parlare di questa forte tradizione? Nessuno. E allora ci lasciamo condurre nelle sue memorie.

Racconta di un carnevale benefico, di un Rione Centro che trent’anni fa riuscì a raccogliere settanta milioni delle vecchie lire da dare in benificenza e comprare così un’ambulanza, parla di persone che ci credevano e di una solidarietà ormai scomparsa.  E con amarezza dice: «Ora siamo diventati il quinto carnevale di Biella. A Barazzetto, Chiavazza, Vernato Thes è tutto ancora in piedi, strutturato, come ai vecchi tempi. Noi a Biella centro non abbiamo una sede e questo ha portato al degrado».

Difficile per un Caneparo, che ha conosciuto il “tempo d’oro” del carnevale, accettare i cambiamenti. Lui che iniziò nel 1982 con la “Manifestazione di Biella”, una grande organizzazione animata da altrettanto grandi persone. Ne evoca alcune illuminandosi in viso: «Luigino Prato, Floriano Duchini e altri. Ma son tutti morti». Ricorda il suo primo Carro, le varie fagiolate, poi la Presidenza di quartiere, i viaggi a Torino, Chivasso e Venezia, e gli scambi di ospitalità tra maschere. Si trattava di gruppi folti, dalle dieci alle venti persone. Ora ci si ritrova in pochi. «Ora è buio assoluto» afferma il Gipin.

Il suo era un carnevale di persone, di anime che con la collaborazione e lo spirito del basso che subentra all’alto, “lavoravano” con la risata per raddrizzare qualche torto, qualche ingiustizia destinando i soldi raccolti alla benificenza. Era un carnevale “a modo” però, che riparava i torti con eleganza. Ecco perché il Gipin sembra scandalizzato dal linguaggio eccessivamente scurrile usato nel processo di quest’anno.

In effetti, il salto epocale che Il Gipin ha vissuto non è da poco. Ma Biella non vuole lasciarlo andare e allora si prova a toccarlo sul lato emotivo. Così domandiamo se è proprio sicuro di lasciare il carnevale e se non ne sentirà la mancanza. Ma niente, non si commuove. «È finito – dice – andrò a vederlo, ma non mi mancherà».

Sembra deciso, ma l’attaccamento c’è ancora, si sente. Diversamente non sarebbe così “preoccupato” su chi gli subentrerà. E ci fa il nome di Battista Saiu, presidente del circolo “Su Nuraghe”. «Un sardo che ha arte», lo definisce.
Poi propone un processo di selezione per il Gipin e attenzione, ci dà i requisiti: «Deve parlare il biellese e voler bene alla città». Insomma, si torna al cuore. Questo carnevale ha bisogno di cuore e anima.

m.a.p.

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