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Cossatese

L’incidente e quaranta giorni di coma mi hanno cambiato la vita

La storia di Massimiliano Bono

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«Penso che la mia storia aiuti a ritrovare la speranza, la gioia di vivere». Inizia con queste parole Massimiliano Bono, 52 anni, che nel 1998 dice di essere nato una seconda volta.

«Apprezzo la vita, mai come prima – prosegue -. Voglio però cominciare dall’inizio, far conoscere chi sono stato e chi sono. A scuola non avevo tanta voglia studiare, così dopo un anno di Itis a Biella ho smesso. Sono diventato grafico pubblicitario grazie a una collaborazione avviata con un amico. All’epoca era un secondo lavoro, poi ne ho fatto un mestiere».

Massimiliano, appassionato di auto e rally, all’età di 18 anni ha ricevuto una Opel Kadett Gsi, 16 valvole, 156 cavalli, 2000 di cilindrata, in versione stradale. «L’avevo ordinata a dicembre 1988 ed era arrivata ad aprile 1989. L’esame della patente l’avevo dato a giugno, quindi avevo già la macchina – aggiunge ancora -. Era un regalo dei nonni Mario e Rina. Mio nonno è poi mancato un anno dopo, ad aprile 1990, e qualche mese più tardi è arrivata anche l’auto da gara. Ho fatto la prima corsa il 17 marzo 1991 con una Peugeot 205 Rally, 1300, piccolina, al “2° Top rally Valli di Lanzo”, piazzandomi a metà classifica. Mi sono divertito, anche se andava un tubo, ossia niente. L’avevo poi venduta e avevo comperato una Opel Kadett 1800, 8 valvole, trasformata in 16. Con lei avevo corso il Primo rally sprint “Città di Ivrea”. Ci eravamo piazzati al quinto posto nella classe N4 e 40° assoluti. Ero contentissimo. Ho corso per tre anni».

Massimiliano vuole che si sappia che, pur facendo rally, sulle strade di tutti i giorni è sempre stato un guidatore corretto, poi però è accaduto il peggio, senza che sia dipeso da lui.

«Un incidente mi ha cambiato la vita e slegato dal mondo delle corse. E dire che appena un mese prima avevo ancora gareggiato sulla pista di Monza. Era la notte di Natale del 1997, avevo 26 anni. Ero uscito con tre amiche e un nostro conoscente, guidava lui. Tornando da Ghemme, una delle ragazze aveva detto di non sentirsi bene, così per gentilezza le avevo ceduto il posto davanti ed io ero passato sul sedile posteriore. Ricordo che c’era nebbia e nevischiava e quel tizio andava forte. Arrivati a Castelletto Cervo, a un bivio è andato a sbattere contro un palo della luce. Viaggiavamo a 140 chilometri orari, come riferito dai carabinieri. Io sono stato sbalzato fuori dall’auto passando dal vetro posteriore, finendo sul prato e ferendomi alla testa. Come ho poi saputo ero già in coma. La ragazza seduta davanti, a cui avevo ceduto il posto, è finita fuori come me, ma avendo io rotto il vetro, lei non si era fatta troppo male e aveva chiesto soccorso. Vista la gravità, l’ambulanza per me era arrivata da Novara e mi avevano ricoverato a Biella, con le ragazze. Chi guidava invece era stato portato a Vercelli».

Massimiliano è rimasto in coma per una quarantina di giorni. «Dall’ospedale avevano telefonato ai miei genitori alle 5.30 del mattino. Loro avevano chiesto se ero morto, ma non avevano ricevuto risposta. Gli era soltanto stato detto di “andare piano che c’era nebbia”. In ospedale mi hanno trovato ancora come ero… quando sono balzato sull’erba – Massimiliano si commuove –».

Nei giorni a seguire, i medici hanno incoraggiato la famiglia a fargli ascoltare degli audio con la voce di parenti e amici. Avevano inserito anche le voci dei suoi calciatori preferiti, della Juventus. «Il fatto più sbalorditivo riguarda il mio cane, Athos, che, ad ascoltarlo abbaiare, i battiti del mio cuore variavano. Intanto lui a casa non mangiava più. Io non ricordo di averlo sentito, ma qualcosa era accaduto. Al risveglio non riconoscevo più nessuno e ho faticato a riacquistare l’uso della parola. Durante i miei primi brevi ritorni a casa, Athos era strafelice, piangeva in un modo quasi umano. Seguendo un percorso di riabilitazione, di fisioterapia e di logopedia, oggi parlo, lavoro e guido di nuovo. Nei mesi a seguire avevo incontrato Alessandro Del Piero per davvero, poi anche altri giocatori. È sciocco dirlo, ma ho avuto soddisfazioni incommensurabili. Non ricordo nulla dell’incidente, anche se vorrei. È stata una brutta esperienza che però mi ha migliorato la vita, permettendomi di capire oltre il limite che avevo prima. Bisogna essere consapevoli di ciò che si fa al volante».
Anna Arietti

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