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Ritorniamo a popolare le piazze

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Fu il vescovo di Vercelli Uguccione nel 1160 a concedere al Biellese tre privilegi: l’amministrazione della giustizia, la macellazione delle carni e la possibilità di tenere un mercato settimanale. Non si trattò di filantropia ma di una scelta strategica poiché questi poteri sarebbero stati concentrati in un nuovo nucleo abitativo, che aveva insediato al Piazzo, per proteggere il vescovado dalle lotte tra ghibellini vercellesi e guelfi biellesi.
Il mercato si teneva nell’attuale Piazza Cisterna, che aveva una conformazione diversa da quella che oggi conosciamo; risale infatti al XVI secolo la costruzione di Palazzo Cisterna, che modellò il preesistente assetto della successione di portici medievali.
Il rapporto di Biella con la piazza è iniziato in un lontano passato, ma si è trattato sempre di un legame discontinuo.
Nei secoli successivi, dal 1800 in particolare, la vita sociale e amministrativa della città si trasferì a Biella Piano. Poi ci fu la crescita industriale che condizionò definitivamente, lo sviluppo urbanistico della città.
Le piazze storiche si svuotarono mentre l’urbanistica guadagnava terreno sull’inedificato, stravolgendo paesaggi storicizzati. La dedizione al lavoro del Biellese fece ritenere marginale l’importanza di avere una piazza, intesa come luogo di incontro e di aggregazione sociale.
Oggi ci troviamo in una nuova era, difficile e ancora indecifrabile nei suoi effetti; l’isolamento forzato e il timore del futuro esasperano il desiderio di chiudersi in se stessi, rischiando di inibire la socialità, che non va intesa solo come svago, ma come confronto e consolidamento del senso di comunità.
Con le amministrazioni di Susta e del sottoscritto, investimmo decine di milioni di euro per riqualificare i quartieri, Piazzo compreso. Limitare il traffico alla piazza, fu un atto indispensabile e lungimirante che ebbe allora un prezzo molto alto, in termini di consenso elettorale.   Investire ora in idee e programmazione è indispensabile, se si vuole che il borgo storico riviva, non solo per le attività eno-gastronomiche, ma dando nuova linfa per il commercio e la promozione di eventi culturali.
Una piazza non è un recinto chiuso sulla città ma è il nucleo vitale di una comunità, che ha bisogno di confronto e conforto per ritrovare nuove energie per programmare il futuro per il bene collettivo.

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