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In ospedale: “Vostra figlia non ha niente” . Invece era mononucleosi

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In ospedale: “Vostra figlia non ha niente” . Invece era mononucleosi.
Una storia incredibile
“All’ospedale ci hanno trattati come se fossimo genitori paranoici, poi abbiamo scoperto che mia figlia aveva la mononucleosi”.
Elena Molinar Min, mamma di una bambina di 6 anni, non ha digerito il trattamento ricevuto al “Degli Infermi” e ha voluto raccontare la propria storia.
«Arriviamo al pronto soccorso con la mia bambina di 6 anni con febbre a 39, placca in gola e linfonodo della davvero molto ingrossato – spiega descrivendo i sintomi -. Ci mandano in pediatria e troviamo una dottoressa che in malo modo ci comunica che la bambina non ha nulla. Nemmeno la placca. Non è stato fatto il tampone e nemmeno un prelievo di sangue».
A quel punto la bimba viene riportata a casa, dove i genitori possono solo limitarsi a farle scendere la febbre: «Il giorno successivo – prosegue la donna – la portiamo dalla pediatra che la segue. La dottoressa, preoccupata per il grosso linfonodo, propone di fare esami del sangue immediatamente… fatti subito e pagati 116 euro».
Dopo due giorni arrivano gli esiti «e scopriamo che la bambina ha la mononucleosi…».
Se da un lato la donna non può che apprezzare la scrupolosità della sua pediatra, dall’altro si chiede a maggior ragione se sia stato corretto il trattamento ricevuto all’ospedale.
«Ringrazio i medici che come la mia splendida pediatra prendono a cuore ogni caso e vanno a fondo di ogni problema – continua -. Ma mi chiedo: la dottoressa che abbiamo trovato domenica sera in pediatria viene pagata per trattare in questo modo bambini e genitori preoccupati? La mia bambina è uscita dall’ospedale con la febbre e con la mononucleosi non riscontrata. E io e mio marito siamo stati trattati da genitori paranoici. Io capisco tutto, capisco anche che facendo quel lavoro ne vedono di tutti i colori, però contesto i modi usati nei nostri confronti e il fatto che il problema sia stato sottovalutato. Rivolgo un grande grazie, invece, ai medici che fanno questo difficile lavoro con dedizione, pazienza e amore».

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