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Oggi è l’anniversario dell’inizio dell’incubo Covid: un anno sospeso, immobile, in attesa

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Riceviamo e pubblichiamo

Oggi è l’anniversario dell’inizio dell’incubo!
Non so voi ,ma io ho vissuto questo periodo di convivenza con il covid, come se fosse un tempo sospeso , immobile, in attesa. Un tempo sospeso al giorno in cui siamo entrati in quarantena, ormai un anno fa. In un attimo ci siamo trovati a vivere situazioni per noi inusuali, a usare parole che non avevamo mai usate o conosciute solo come lemmi del dizionario , a vedere immagini lontane dal nostro quotidiano, a usare oggetti che mai avremmo pensato di poter usare nelle normali attività di tutti i giorni.

Di colpo ci siamo trovati a rimanere in casa forzatamente, a non poter incon trare piu gli amici, i parenti , a sentire il silenzio delle vuote città, a non vedere piu i capannelli di amici per strada, a passare per le vie dei centri commerciali e trovare le vetrine cieche delle loro luci e sbarrate all’ingresso come labbra serrate che non parlano piu. A vedere le scuole chiuse e senza studenti . A non sentire più la campanella di inizio, quella tra un’ora e l’altra, quella della fine delle lezioni, a non sentire più il rimbombo delle voci e dei passi nelle palestre e le voci dei ragazzi all’intervallo.

Quarantena, distanziamento, igienizzazione, terapia intensiva, respiratori, maschere , parole che da un giorno all’altro tutti usano , riconoscono e fanno proprie. Quelle persone stese sui lettini , con quelle campane intorno alla testa per respirare, le ululanti autombulanze che fanno la spola dalle case di riposo agli ospedali, quelle bare, quelle bare in fila, lente, interminabili . Il dolore di chi ha perso gli affetti piu cari.

E poi lei, la mascherina, che ci ha coperto e ci copre il sorriso. Ormai un accessorio che sta sempre con noi, che ci tortura il viso, che ci appanna gli occhiali e ci aliena dagli altri. Le mascherine che ormai sono diventate un must: ce ne sono di tutti i tipi, di qualsiasi materiale, di infiniti colori e di indescrivibili disegnini , ricche di frasi, motti, slogan e parole. Eravamo spaventati, attoniti, ma fiduciosi che presto sarebbe finita e saremmo tornati alla normalità e alla nostra quotidianità . Ed ecco che ci davamo coraggio , ci sostenevamo con i canti, con gli striscioni, con le esortazioni del tipo:- Ce la faremo! E siamo riusciti ad andare avanti, tanto che durante l’estate ci siamo esaltati , scatenati nei balli , nelle discoteche, siamo andati al mare, siamo andato in giro.

Ma crudele è stato il ritorno alla realtà e siamo riprecipitati nell’incubo del contagio. Siamo ritornati in quarantena ,sono comparse le zone colorate, è ritornata la DAD, ma non è ritornata la fiducia, non ci sono stati più i canti e gli striscioni. È montata la rabbia, la disillusione e lo scoraggiamento di quello che sarà e di come sarà. Ci siamo stancati di stare soli, ci mancano gli abbracci, il toccarci e il sorriderci. Ci manca una corsa in autostrada e un bel viaggio in treno, magari sul Frecciarossa che corra verso il mare. Sentiamo il bisogno di una serata a teatro e il fine settimana da trascorrere a vedere gli ultimi film in uscita nelle sale. Coviamo una sorda disperazione e una immensa frustrazione per i tempi lunghi che ancora ci aspettano . Ma sopratutto c’è lo struggente rammarico per quello che più non sarà e il dolore lacerante per tutto quello che abbiamo perso e che mai più ci verrà restituito.

Lettera firmata

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