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“Metabiella”, turismo e… qualche dimenticanza

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BIELLA – Compare da alcune settimane sul sito di Città Studi in forma virtuale un nuovo libro destinato alla promozione ed allo sviluppo del turismo nel Biellese. S’intitola, non proprio felicemente, “Metabiella” (qualcuno ci ha intravisto una fantasiosa ma divertente similitudine con un qualche prodotto farmaceutico) ma puntualizza poi “Biellese da scoprire”, rassicurandoci. Il poderoso lavoro (ben 280 pagine!) è un progetto didattico realizzato nella fase più critica del lockdown dal corso tecnico specializzato in ospitalità turistica di Città Studi, con il patrocinio della Città di Biella.
Un’operazione gestita da uno staff giovane dunque che, dividendosi le varie aree di ricerca, ha messo insieme un lavoro dove si parla di montagna e di Ricetti, di musei ed ecomusei, di Burcina e Oasi Zegna, di laghi e Santuari, di trekking e passeggiate a cavallo e, perché no, di enogastronomia con tanto di ricette delle tipicità più strettamente legate alla tradizione. Nulla di veramente inedito, beninteso.

E volutamente non voglio soffermarmi sull’ingenerosa osservazione di chi in quei testi sostiene di averci scoperto una complicità eccessiva con Wikipedia e altre letture. Del resto, le pubblicazioni sul territorio biellese si sono moltiplicate negli anni, difficile immaginare che vi possano essere ancora margini per nuove esplorazioni. Quindi, a destare un po’ di sorpresa, non è tanto ciò che il testo riporta, ma ciò che dimentica: in particolare due realtà che sono rispettivamente legate alla storia stessa del capoluogo ed alla tradizione ludica a cavallo di tre secoli. Sto parlando del borgo storico del Piazzo e del teatro Sociale “Villani”.
Affrontare un itinerario narrativo per illustrare ciò che di turisticamente rappresentativo vi è a Biella e nel Biellese, riducendo il Piazzo a poche righe perlopiù circoscritte alla storia delle ex carceri, è una leggerezza piuttosto grave. Come lo è l’ignorare l’esistenza di un teatro considerato tra i più belli del Piemonte, con alle spalle una storia lunga e complessa che lo ha visto, in tempi assai più recenti, trasformarsi in struttura pubblica grazie ad un lascito che ne ha consentito l’intitolazione a Cipriano Villani.
Ma, se per quel che riguarda il teatro, avvolto da nubi di malevoli sussurri e dal sordo rancore di zelanti funzionari pubblici, la “dimenticanza” può essere percepita quasi come una scelta, assai meno comprensibile è il minimalismo narrativo sul borgo storico del Piazzo. Come desta più d’una perplessità l’assenza di riferimenti al Battistero, storico monumento assurto ormai da tempo a simbolo del capoluogo.
Insomma, si ravvisa un po’ di squilibrio, con qualche concessione di troppo a contesti decisamente meno rilevanti di quanto non lo siano espressioni storiche che possono diventare anche turistiche e che certo, con maggiore incisività, rappresentano e narrano le vicende del territorio.

Giorgio Pezzana

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