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Giovane biellese diventa ingegnera aerospaziale

“Il primo anno in periodo Covid è andato abbastanza male. Ho raccolto bocciature e voti bassi, ma ho scelto di continuare. Quando c’è stata la possibilità di tornare a fare lezioni in presenza e ho creato i rapporti con i compagni di corso, i risultati sono migliorati”

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Vanessa Bentivenga, 23 anni, è diventata ingegnera aerospaziale, laureandosi al Politecnico di Torino. La neo dottoressa ci racconta la sua esperienza.

Vanessa Bentivenga, 23 anni, diventa ingegnera aerospaziale

Da buona biellese, come sei arrivata a scegliere un percorso nel mondo dell’aviazione?
«Ho sempre amato la tecnologia e l’innovazione e poi già la scelta della scuola superiore è avvenuta in modo fantasioso. Ho frequentato l’Istituto tecnico industriale di Biella, indirizzo informatico. Dopo la maturità mi sono lanciata in una nuova avventura, una bella sfida con me stessa. Mi sono iscritta al test d’ingresso di Ingegneria aerospaziale e a settembre sono stata immatricolata. Mi sono trasferita a Torino, ho trovato casa con alcune amiche e ho iniziato a dare esami. Tutto è iniziato nel periodo covid e il primo anno è andato abbastanza male. Ho raccolto bocciature e voti bassi. Con questo bell’intoppo, scegliere di continuare il percorso è stato complicato. Quando c’è stata la possibilità di tornare a fare lezioni in presenza all’università e ho creato i rapporti con i compagni di corso, i risultati sono migliorati».

Vanessa, ora come intendi proseguire? Quali sono i tuoi progetti?
«Ho scelto un orientamento particolare, che in Italia esiste solo al Politecnico di Torino. Si chiama “EASA Part-66” e consente di conseguire, oltre alla laurea, la licenza di manutentore aeronautico. Il raggiungimento del modulo valido comporta il superamento di alcuni esami con un certo voto. È possibile conseguirlo frequentando altri due anni di corso, operando in una azienda che permetta di studiare manutenzione. Per ora io sono ingegnere aerospaziale e ho scelto di proseguire il corso magistrale, studiando le strutture aeree, tutte le componenti strutturali degli aerei e degli elicotteri e intanto lavoro. In occasione della tesi triennale, ho collaborato con un’azienda di Torino a un progetto per un elicottero, l’AF350, che si usa per il trasporto di persone, come elisoccorso o protezione civile, ma anche per uso militare».

“Sogno di lavorare per un ente europeo”

C’è un sogno nel cassetto a cui aneli?
«Mi piacerebbe lavorare in un ente europeo che si muove nel mondo dell’aviazione e della sicurezza. Potrei trovare impiego in un aeroporto, in contatto con il mondo, non chiusa in un ufficio, lontana dalla piste».

Il volo ti ha sempre affascinata o è una scoperta recente?
«Mia madre racconta che una tra le prime parole che ho pronunciato, guardando il cielo, è stata “aeo” – aereo -. Non ho mai viaggiato, ma mi ha sempre affascinato da lontano. Sono salita su un aereo per la prima volta all’età di 18 anni».

È un percorso che probabilmente ti porterà a lavorare fuori dall’Italia.
«Ho vissuto con la convinzione di voler rimanere nel mio Paese, ma adesso che mi sto avvicinando al mondo del lavoro, in effetti ho desiderio di tentare un’esperienza all’estero, anche se non come progetto a lungo termine. Mi affascinano la Spagna e la Danimarca, località che sono opposte per clima e stile di vita. Non voglio rimanere stabile a Torino per sempre. Essendo giovane, vorrei cogliere tutte le opportunità».

Ci sono suggerimenti che puoi dare ad altri giovani che vogliono tentare il tuo percorso?
«Sento di poterlo consigliare a tutti, anche a chi non ha frequentato il liceo. A me avevano detto che avrei fatto fatica, invece è impegnativo, ma si può fare. Serve essere curiosi e appassionati. Esiste lo stereotipo dell’ingegnere in giacca e cravatta, prettamente maschile, che non ama le feste, che non esce, quasi come se fosse una scelta di nicchia. Personalmente non l’ho vissuta così – conclude Vanessa Bentivenga -. Ci sono tantissime ragazze, non necessariamente attaccate alla matematica, o alle materie noiose. Ci divertiamo e facciamo sport. Non siamo mostri che stanno chiusi in una caverna davanti al computer. Rimaniamo persone normali, umane».

Anna Arietti

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