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Coronavirus, un turista da evitare

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C’era un volta un piccolo virus, in principio egli appariva quasi innocuo in quanto troppo lontano dalla nostra realtà e per molti rappresentava solo un problema di altri. Poi il piccolo virus, Corona per gli amici, decise di cominciare a girare il mondo e gira gira gira… in un attimo giunse fino a noi ma per molti rappresentava solo l’ennesima forma virale, gestibile, guaribile, esagerata dai media e il biellese medio, notoriamente diffidente con gli stranieri, non lo vide fin da subito come una minaccia.

Ma solo con l’ennesimo fastidio. Si cercò in ogni modo di contrastare la sua venuta con azioni mirate, come l’introduzione della tassa di soggiorno e solo ora scopriamo il suo reale intento, impedire al virus (notoriamente organismo sprovvisto di portafoglio e visa) di potersi permettere l’obolo e di conseguenza stazionare in città.

Il biellese medio, sicuro di aver arginato il problema con questa mossa astuta, continuò la sua vita ordinaria, tra Orsi e Burcina, incurante degli allarmi che ormai arrivavano da più parti e quando le province vicine cominciarono a diventare “rosse” qualcuno iniziò a drizzare le antenne.

I primi proclami, i primi sentori di qualcosa di grosso, i primi “ma forse sarebbe meglio..” i primi ricoveri, non erano abbastanza, le serate al pub continuarono, le passeggiate in centro anche, gli acquisti inutili pure, poi il piccolo virus prese coraggio e nonostante i problemi della linea Biella-Santhià riuscì ad arrivare in città per visitare le nostre belle montagne e come per magia fu subito amore al primo starnuto.
Iniziarono i ricoveri, i tamponi e le paure ma anche questo non spaventò il biellese medio e la vita di tutti i giorni proseguì, a passo rallentato, ma proseguì, fino ad oggi, fino alla chiusura totale di quasi tutti gli esercizi commerciali e relativo coprifuoco.
Alcuni incuranti hanno provato lo stesso a violare le ordinanze, con le conseguenze del caso, alcuni cercando di minimizzare auto convincendosi che la vita deve andare avanti, tra uscite superflue, e approvvigionamenti alimentari che manco ai tempi di Chernobyl.

Ci siamo chiesti come mai di questa escalation in città così repentina, così decisa e siamo giunti alla conclusione che tutto è peggiorato il giorno in cui ha cominciato ad apparire lo slogan “tutto andrà bene”, un po’ come quando nei film dell’orrore il protagonista dice all’amico ferito “tranquillo ce la farai, andrà tutto bene” è immancabilmente l’amico, pochi minuti dopo muore, insomma uno slogan che ci ha portato sfiga, diciamolo.

Tutto andrà bene, forse, si spera, se ci impegniamo seriamente, anche perché non ci sono molte soluzioni per scacciare questo virus, magari proponendogli la cittadinanza onoraria potrebbe spaventarsi e scappare, ma questa strategia l’abbiamo già usata con Segre e con Greggio e il virus non è stupido, altrimenti l’avremmo sconfitto con gli slogan, inutili, superflui come questo articolo che non è servito a migliorare le cose ma per qualche minuto vi ha comunque fatto pensare a questa situazione in modo più leggero, che non è mai un male di questi tempi.
Ora chiudete il giornale rilassatevi sul divano, che ad uscire a lamentarsi che a Biella non c’è niente, avremo tempo di ricominciare a farlo a crisi finita.
La Biella che piaceVa

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