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C’era un tempo in cui il Biellese si vantava del proprio isolamento

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Dell’atavico isolamento infrastrutturale di Biella e dei suoi dintorni s’è detto parecchio e spesso. A volte a proposito, più frequentemente a sproposito. Essendo atavico, è un tema di cui si discute da tempo immemore e che, per riflesso condizionato, viene declinato in ogni campagna elettorale degli almeno ultimi 15/20 anni secondo i temi e le opportunità del momento. A dirla tutta – la verità – prima di allora di quest’isolamento ci si faceva vanto, narrandoci l’un l’altro la favoletta dell’isola felice.

Un atteggiamento che già stigmatizzavo a posteriori quando, da consigliere provinciale dell’allora Provincia di Vercelli (quella di Biella ancora non esisteva), riflettevo sulla miopia del passato che ci vedeva rinunciare, già negli anni ’30, al collegamento con l’A4 in costruzione per poi ripiegare, negli anni ’50, sulla strada Trossi. Che se non fosse poi stata oggetto, negli anni ’70, di urbanizzazione selvaggia lungo il suo tragitto, avrebbe permesso un ampiamento della carreggiata dotando il territorio, già una cinquantina d’anni fa, di un collegamento rapido verso Carisio e il casello autostradale.

Eravamo un territorio arricchito dal ‘900, secolo breve denso di guerre e cambiamenti epocali, in cui il Biellese s’era consolidato distretto industriale del tessile quasi senza saperlo, grazie all’ostinato individualismo montagnino che aveva trovato lungo le acque che scendevano dai nostri monti il modo di far girare per bene i telai. Stavamo bene così, a dircele tra di noi tutte queste cose, senza le noiose interferenze del mondo e commerciando chilometri di pezze col mondo stesso. Solo che poi il mondo si è spostato da dov’era e noi abbiamo cominciato a faticare per trovarlo ancora. È solo dopo questa faticosa premessa che ci siamo messi, come territorio, a cercare di ragionare su come tornare a raggiungere il mondo intorno a noi: per necessità e, con tutta probabilità, neppure troppo convinti. La difficoltà di non essere crocevia naturale per i commerci e le comunicazioni, di non insistere su quell’asse padano legato insieme da autostrade e ferrovie si è fatta evidente per ogni sviluppo economico futuro e possibile.

Per il Piemonte, dal punto di vista delle infrastrutture, è un momento difficile che ci pone di fronte a scelte inevitabili per scongiurarne l’isolamento fisico ed economico con il resto dell’Europa: la Tav ci metterebbe in condizioni di collegarci, attraverso lo snodo di Lione, alla Francia e conseguentemente alla Spagna e al Portogallo; il Terzo Valico ci permetterebbe di collegare il Nord-Italia con il porto di Rotterdam, attraversando le regioni europee più densamente popolate. Tutto ciò in un momento in cui il crollo del Ponte Morandi a Genova sta creando problemi di collegamento alla Liguria e allo stesso Piemonte; in un momento in cui il tunnel ferroviario del Frejus, risalente al 1871, non garantisce i minimi standard di sicurezza e capacità al traffico su ferro di merci e passeggeri verso la Francia; in un momento in cui pure il Traforo del Monte Bianco dovrà chiudere un paio d’anni per manutenzione.

A livello locale, in passato abbiamo provato ad affrontare il problema litigandoci un improbabile peduncolo autostradale divisi tra Carisio e Santhià. Ci stiamo più concretamente ragionando ora con l’ottimizzazione dei collegamenti ferroviari e l’allacciamento pedemontino alla grande viabilità. Tutto questo pistolotto per dire che finalmente, dopo un profluvio di parole spese al vento e vani sforzi, abbiamo cominciato a capire che quell’individualismo che aveva fatto la nostra fortuna stava ora facendo la nostra sfortuna. E che solo unendo le forze, politiche e sociali, avremmo potuto raggiungere il mondo, e abbiamo così cominciato a condividere procedure e azioni per raggiungere un obiettivo comune. Abbiamo quindi il dovere di imparare da noi stessi, dal buono che abbiamo prodotto e dagli errori che abbiamo commesso. Il tavolo congiunto sull’elettrificazione della linea ferroviaria Biella-Santhià che ci possa consentire un dignitoso avvicinamento al capoluogo regionale, ne è esempio virtuoso. Così come il previsto iniziale finanziamento di cinque milioni di euro per provvedere anche all’elettrificazione della tratta Biella-Novara è un altro tassello che vi si aggiunge. Così come l’azione congiunta per tentare un allacciamento al Brianco con la linea ad alta velocità, in grado di soddisfare il pendolarismo verso l’esterno e una maggior facilità di raggiungerci per il resto del mondo. Il fronte comune per strappare il finanziamento utile alla realizzazione del tratto autostradale Masserano-Ghemme è ora più mai necessario come elemento fondante della resilienza di un territorio che non si deve rassegnare. Questi sono i “grandi temi” locali sui quali si è maggiormente spesa l’azione dell’ultima legislatura in Regione Piemonte di cui mi onoro di far parte, anche se è inutile che ci rincorriamo per appuntarci le medaglie politiche del merito, mentre sarebbe più opportuno riconoscere che altri ci hanno lavorato prima, che alcuni ci stanno lavorando ora e altri ancora ci lavoreranno in futuro. È necessaria un’assunzione di responsabilità che trascenda le appartenenze politiche per ridare vita e speranza al Biellese, territorio dalle nobili tradizioni, certo, ma anche con la volontà di riaffermare se stesso ai vertici di un’economia sempre più globale e competitiva.

Vittorio Barazzotto

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