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A… come Biellese: il bianconero che colora un secolo di sogni, gloria ed emozioni…

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La quarantena rende liberi. Liberi di sognare! Il Covid-19 azzera tutto. Tutti uguali! Real Madrid, Manchester United e Biellese (1902, ndr!). Accostare ai bianconeri due colossi del calcio mondiale sarà forse irriverente, ma l’idea rende pienamente giustizia a quei pionieri di un calcio ormai in via di estinzione e ai giorni nostri in totale balìa del “Dio Denaro” (…e del Corona-virus!). Un secolo fa la pay-tv era roba da marziani e il “Processo” più gettonato era quello alle streghe. Il principio che allora regolava il calcio, pardon il football, essenzialmente verteva sul fair-play: per dare un calcio al pallone occorreva essere prima di tutto dei gentleman, in Italia come in Spagna e in Gran Bretagna.

PARTE I
Biellese, Real Madrid e Manchester United sono tre realtà completamente differenti tra di loro, ma al tempo stesso posizionate sulla stessa linea di galleggiamento, in nome di quel calcio d’altri tempi che, in pieno Terzo Millennio, è roba da museo. Nel 1902 le differenze tra una squadra e l’altra non sono così rilevanti. Si gioca con improbabili palloni di pezza, quelli cuciti a mano erano un lusso. I giocatori indossano la camicia e portano pantaloni alla zuava. Nel calcio pionieristico italiano, il bianconero “Made in Biella” si fregia di un posto in pole-position. È un suo diritto legittimo. Lo dicono le statistiche, lo documentano le pagine ingiallite dei giornali dell’epoca. Lo stesso fiocco azzurro del club laniero viene esibito nel 1902, anticipando la nascita delle “Merengues” madrilene e in Italia del Vicenza. È un periodo prodigo di cambiamenti. La gente ha voglia di sport, il modello da seguire è quello d’Oltremanica, dove il “Football” non è semplicemente uno sport, ma una cultura che cattura sempre più proseliti. Il 19 gennaio 1902, data universalmente riconosciuta quale primo passo ufficiale del calcio Bianconero, sancisce il varo di una sezione locale dell’Audax, ente concepito per promuovere il ciclismo. Con il passare del tempo le due ruote sono soppiantate dal calcio e la nuova denominazione è Unione Sportiva Biellese. La svolta si registra in virtù della fusione con la Veloces, club sin dalla fondazione legato a doppia mandata con il calcio. L’automatismo calcio-campionato non è per niente automatico e per trovare tracce di una gara, perdipiù un’amichevole, bisogna spulciare le cronache del 1906: il 16 aprile si trovarono di fronte Pietro Micca (una sua sezione praticava il football) e la seconda squadra della Pro Vercelli, che forte di un’esperienza calcistica ormai consolidata vinse con un sacrosanto 5-0. Quella data non fece altro che sancire l’inizio della storica rivalità tra bianconeri e bianche casacche. Tornando alla Veloces, la sua prima uscita ufficiale avvenne un anno dopo in occasione del campionato Biellese I* Categoria e per la precisione nel derby con l’Excelsior. La Veloces spuntò una vittoria con un risultato all’inglese: 2-0. Volendo dare una paternità al calcio biellese, inevitabilmente balza alla memoria il nome di Gino Ramma, fondatore della Veloces e promotore nel 1919 della fusione con l’Unione Sportiva Biellese. I primi test di perfezionamento calcistico trovarono ospitalità nello sferisterio di Piazza d’Armi, gli attuali Giardini Zumaglini, teatro anche dei primi campionati ufficiali. L’apice della scalata ai vertici nazionali si concretizza invece nella stagione 1928/29: per la prima e ultima volta nel corso di un secolo (ormai abbondante!) di vita il calcio laniero milita in serie A!

PARTE II
La Biellese raggiunse il gotha del calcio italiano non senza brividi. Perché? Per cosa? Per fatti strettamente collegati all’attualità del mondo pallonaro odierno. Il calcio non ha età, vizi e virtù neppure… il parallelo tra ieri (1928) e oggi, giorno della stesura originale di queste righe, è inquietante: corruzione! Nel 1927/28 i bianconeri si giocano la promozione nell’Olimpo con Milanese e Legnano, non a caso alla vigilia dell’ultima giornata il terzetto è allineato in testa a quota 22 punti. Il finale sembra scritto da William Shakespeare (*) in persona: tra Biellese e Milanese è scontro diretto, mentre il Legnano gioca a Mantova. I lilla perderanno 2-0, la Biellese pure, ma ha l’asso nella manica! Alla vigilia del match alcuni loschi figuri, gravitanti nell’orbita della Milanese, tentano di corrompere alcuni bianconeri. Ci riescono o non ci riescono, fatto sta che la gara si gioca, non prima che i dirigenti lanieri denuncino i fatti in Federazione e informino l’arbitro. La gente mormora, è incredula, si grida allo scandalo e al complotto: la Biellese scende in campo con le maglie imprestate dalla Pro Vercelli (sic1!), i giocatori sono sconvolti e la Milanese vince con il minimo sforzo: 0-2! La tempestiva denuncia dei fatti convince la Figc a far ripetere la partita, ma in campo neutro, addì 22 aprile 1928 al Littoriale di Bologna. Alla Biellese, in maglia granata (sic2!), basta il gol di Seccatore per volare nel massimo campionato!

PARTE III
Il sogno è realtà, la Biellese si troverà inserita nel girone B con Ambrosiana, Bologna, Brescia, Cremonese, Fiorentina, Fiumana, Genoa, Juventus, Lazio, Napoli, Pistoiese, Pro Vercelli, Reggiana, Venezia e Verona. A Torino la Biellese costringe allo 0-0 la Juventus, sotto gli occhi fieri e orgogliosi dell’entusiasta conterraneo Vittorio Pozzo (!!!); giocherà sempre con il cuore in mano, ma nella stagione successiva non potrà più partecipare al ballo delle grandi, pur piazzandosi al decimo posto, uno scalino sotto al ripescaggio di cui usufruì il Napoli!

PARTE IV
Prima ancora di assurgere alle cronache con il “grado” di Commissario Tecnico Bi-Campione del Mondo, l’appena citato Vittorio Pozzo vinse nella vita: prese parte alla Prima Guerra Mondiale con il grado di Tenente degli Alpini. Il conflitto lo segnò profondamente e ne trasse un’esperienza di rigore morale. La vita di trincea lo plasmò alla modestia ed essenzialità spartana, che applicò costantemente ai rapporti umani e alla professione sportiva. Nel 1921, Pozzo fu incaricato dalla Federcalcio di studiare un progetto di riforma del campionato per ovviare alle tensioni tre le grandi squadre e le società minori, poiché le prime ritenevano che il numero di partecipanti al campionato andasse ridotto. La mediazione di Pozzo fallì e la crisi sfociò nella scissione tra la Figc e la Cci (Confederazione Calcistica Italiana). Fu così che nel 1922 l’Italia ebbe due campionati di calcio concorrenti e due scudettate: la Novese (Figc) e la Pro Vercelli (Cci), il tutto mentre il Vado (1-0 all’Udinese con gol del mitico Levratto) vinse la prima Coppa Italia. I dirigenti federali erano però consci dell’insostenibilità della situazione. Dopo mesi di contatti affidarono a Emilio Colombo, allora direttore della Gazzetta dello Sport, il compito di stendere un piano per la riunificazione delle due Associazioni. Il cosiddetto “Compromesso Colombo” che ne risultò, fu di fatto la vittoria definitiva delle grandi società, dato che la Figc accettò in pratica il “Progetto Pozzo” e si avviò sulla strada che la condurrà nel 1929 a istituire la serie A unica.

PARTE V
In quel periodo brillò la stella più luminosa della Galassia Biellese. L’unica partecipazione alla massima serie avvenne nella stagione 1928/29 (come già descritto nella Parte III), ossia l’ultimo campionato disputato con la formula dei due gironi introdotta dal “Progetto Pozzo”. Dalla stagione successiva, le grandi squadre sarebbero state riunite in un nuovo torneo, la serie A così come la intendiamo oggi, mentre le escluse avrebbero costituito l’altrettanto inedita serie B!

PARTE VI
Tornando all’Uomo, una leggenda come Vittorio Pozzo è inarrivabile. La sua è una storia epica, e quindi da raccontare: frequentò il Liceo Cavour a Torino, in seguito studiò lingue e giocò a calcio in Francia, Svizzera e Inghilterra amando in particolare il calcio albionico, del quale carpì i segreti. Contribuì a fondare il Torino Football Club, squadra nella quale militò per cinque stagioni e di cui fu direttore tecnico. Pozzo era l’Uomo del calcio italiano, anzi era il calcio italiano! È tuttora il calcio italiano: Oro alle Olimpiadi di Berlino 1936, due Coppe Rimet (Italia 1934 e Francia 1938), due Coppe Internazionali. Concepì l’idea dei ritiri e inventò il “metodo”, una sorta di 2-3-2-3 (detto anche WW) dove trionfava l’epica figura del centromediano metodista, che agiva davanti ai due difensori e in mezzo ai due mediani. In pratica Pozzo aveva inventato la figura del “regista”. Lo sviluppo del WW andava a creare di fatto una superiorità numerica a centrocampo, la difesa risultava più protetta e i centrattacchi risultavano più rapidi ed efficaci. Non avendo una visione preconcetta della tattica, Pozzo seppe adattare i suoi convincimenti: con il tempo infatti crebbe nel suo gioco l’importanza delle mezze ali interne, anche perché ebbe a disposizione due fortissimi interpreti di quel ruolo: Giuseppe Meazza e Giovanni Ferrari, non a caso gli unici due titolari fissi di entrambe le Selezioni campioni del mondo! Pozzo è stato Ct della Nazionale per 6.927 giorni: un primato difficilmente eguagliabile. Ha collezionato 97 panchine azzurre (65 vittorie, 17 pari, 15 ko) con una percentuale di affermazioni del 65,97%. Il suo ultimo, straziante, atto ufficiale, nel 1949, fu il riconoscimento dei corpi dilaniati dei calciatori del Grande Torino, amici e allievi, periti il 4 maggio nella tragedia di Superga.

PARTE VII
Presente, passato e futuro si mischiano abilmente tra loro coinvolgendo sport, costume e imprenditorialità. Le cronache del secolo scorso, forniscono anche attinenze e supposizioni sui rapporti tra il Territorio laniero e l’Inghilterra, guardacaso il Manchester United, club dal quale la Veloces ereditò le maglie rosse, che ancora in tempi recenti furono l’alternativa al bianconero. Ma il rapporto tra Biella e Manchester va anche oltre al calcio: entrambe sono realtà che tirano le fila della fiorente industria della lana. Ieri (top!) come oggi (!). Un oggi (!!) inteso a ritroso nel tempo, quando nella mente (e nel cuore B/N!!!) del sottoscritto (**) prendevano forma tutte una serie di parole che oggi (!!!) ripropongo “réddite quae sunt Caésaris Caésari” nella monografia plasmata su questa pagina, piccolo antipasto di un manoscritto sempre più ambizioso. Biella&Manchester: un connubio possibile grazie all’impegno del Lanificio Angelico, un’Azienda conosciuta e ammirata in tutto il mondo, sempre fedele e sensibile alla cultura e alle problematiche sociali del Territorio natìo. Si deve proprio al Lanificio Angelico il merito di aver contribuito a traghettare la Biellese sino alla ricorrenza del Centenario. Un merito che va esteso all’intero nucleo dirigenziale del periodo più struggente del calcio cittadino: Massimo Ghirlanda; Giuseppe (RIP caro Beppe!), Massimo e Paolo Angelico; Enzo Albertini (RIP caro Pres!); Pier Luigi Pietrobon; Enzo Fabris. Vale a dire la Biellese patrimonio dei Biellesi, caso più unico che raro in un sistema, quello calcistico, dove gli affetti sono l’ultima ruota del carro, triturati da morbosi interessi. E la storia continua(va!). Così come la speranza che il Territorio ritrovi e rafforzi il proprio amore verso un pezzo di storia “Made in Biella!”. Speranza… nell’essenza dell’intero suo ESSERE! «To be, or not to be»: (*) William Shakespeare… sempre lui!
(**) Tratto dal libro in cantiere “Biellese Old… Story” (a cura del sottoscritto!).

Corrado Neggia

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