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Digitalizzazione del lavoro: le infrastrutture attuali possono sostenere la rapida evoluzione dell’economia?
Al fine di estendere la connettività a banda larga veloce ed ultraveloce sul territorio nazionale, è in corso di attuazione la Strategia italiana per la banda ultralarga
Al fine di estendere la connettività a banda larga veloce ed ultraveloce sul territorio nazionale, è in corso di attuazione la Strategia italiana per la banda ultralarga. Gli obiettivi principali, determinati nel 2016 dalla Commissione europea, sono rappresentati da un’ampiezza di banda di 1 Gbps per scuole, biblioteche ed uffici pubblici ed almeno 100 Mbps per le famiglie. Per delineare il quadro preciso delle reti esistenti, nel Belpaese è stato creato un catasto delle infrastrutture coordinato da una società in-house del Ministero dello Sviluppo economico, la Infratel Italia Spa. Un dato certo riguarda il divario infrastrutturale con cui il Paese inizialmente si è dovuto confrontare, soprattutto per quanto concerne le aree rurali. Fino al 2018, l’Italia si trovava agli ultimi posti nell’ambito europeo – seguita da Malta, Grecia e Cipro – ed al 43° posto nella classifica globale relativa alla velocità media di connessione, con in testa gli oltre 60 Mbps di Singapore. Le zone metropolitane italiane, di per sé, presentano un livello di copertura della banda larga pressoché allineato con i più avanzati Paesi europei, tra i quali svettano Svezia, Danimarca e Norvegia. Eppure, nel complesso, la velocità di download in Italia non supera attualmente i 23,18 Mbps, contro i 55,84 Mbps della Spagna ed i 51 Mbps della Francia. Sono i dati emersi dal report annuale Worldwide Broadband Speed League 2020, uno studio condotto dalla britannica Cable.
Il divario infrastrutturale sul territorio
Nelle aree periferiche a bassa densità abitativa, la situazione di partenza della copertura a banda larga presenta varie criticità, in particolar modo per via di fattori legati alla peculiare conformazione morfologica del territorio ed ai costi elevati degli interventi infrastrutturali. Ne consegue che, in tali zone della penisola, gli operatori di mercato non abbiano interesse ad investire sulla sostituzione della rete tradizionale in rame con la più moderna fibra ottica. Si rende quindi necessario l’intervento pubblico sulle località definite “aree bianche” dal piano strategico per la banda ultralarga, ovvero le aree a fallimento di mercato che comprendono circa 4300 comuni – soprattutto al Sud – e riguardano il 15% della popolazione. Con l’intervento pubblico diretto, la popolazione residente potrà essere raggiunta dal cavo fibra ottica ed usufruire di una connettività di almeno 30 Mbps. Il primo bando per la realizzazione della rete in fibra presso le aree bianche e quelle grigie – ove un solo operatore è disposto ad investire ed occorre comunque un intervento pubblico – è stato pubblicato nel 2016. Le sei Regioni interessate – Abruzzo, Molise, Toscana, Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia – hanno siglato specifici accordi programmatici e convenzioni per l’utilizzo dei fondi strutturali europei FESR e FEASR. La gara è stata aggiudicata all’operatore Open Fiber Spa e prevede la progettazione, realizzazione e manutenzione di una rete all’ingrosso (wholesale) che porterà agli utenti servizi compresi fra i 30-100 Mbps. La rete sarà data in concessione per vent’anni e resterà di proprietà pubblica.
La rete wholesale più grande d’Europa
Con una copertura complessiva di 20 milioni di abitazioni, dislocate in quasi 7mila Comuni italiani, il progetto Open Fiber rappresenta attualmente la rete Fiber to the home (FTTH) più estesa in Europa. Al giorno d’oggi, le unità immobiliari connesse dall’operatore risultano 9,5 milioni, comprese le aree redditizie del Cluster A, ossia le città più popolose e le principali zone industriali. Un primato anche per quanto riguarda la finanza di progetto (project financing), ossia il finanziamento a lungo termine: ben 4,145 miliardi di euro. Si tratta della più imponente operazione finanziaria per la realizzazione della rete in fibra ottica nella UE. Riguardo al tipo di tecnologia scelto dall’Italia, l’infrastruttura FTTH, i progressi del nostro Paese sono ragguardevoli. Con una crescita del 43% in due anni, dal 2018 siamo al terzo posto in Europa – preceduti da Spagna e Francia e seguiti da Germania e Regno Unito – per la posa dei cavi in fibra ottica fino alle singole abitazioni. Le previsioni di crescita stimano che, entro il 2025, sarà il Regno Unito in testa alla classifica, con la Francia in seconda posizione e l’Italia terza. Saranno indispensabili ulteriori sforzi per risolvere il complesso nodo della digitalizzazione sul territorio nazionale, nonostante i passi avanti compiuti negli ultimi due anni. Difatti, il raggiungimento degli obiettivi europei richiede ulteriori ingenti investimenti, sia pubblici che privati, con progetti per la banda ultralarga che riguardano la rete fissa. Un potenziamento dell’infrastruttura per la fibra ottica, inoltre, viene individuato come presupposto essenziale anche per il miglioramento della connessione mobile, ossia per creare le condizioni favorevoli al successivo sviluppo della copertura 5G. Un tema che in Italia è tuttora oggetto di svariate critiche e polemiche. Al momento attuale, sia da parte della popolazione che di alcuni segmenti delle amministrazioni locali, per disparate motivazioni non vi è un unanime consenso alla diffusione capillare dei ripetitori per la connessione mobile di quinta generazione.
Flora Liliana Menicocci
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