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Bella Ciao e la Liberazione

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Se dovessi pensare alle canzoni che ricordo della mia prima infanzia, me ne vengono in mente solo due: “La gatta” di Gino Paoli e “Bella Ciao”.

Se dovessi pensare alle canzoni che ricordo della mia prima infanzia, me ne vengono in mente solo due: “La gatta” di Gino Paoli e “Bella Ciao”.

Le ricordo dalla voce di mia madre, intonatissima e cantante mancata. Le orecchie di un bambino sentono solo le parole, la musica e, difficilmente, pensano alle metafore.

Sarà per questo che nella mia infanzia mi hanno fatto compagnia diversi gatti, e da adolescente ho cercato di capire perché fosse così bello il fiore del partigiano. Diventando, a mia volta, partigiano. 

Sarà anche per questo che per addormentare i miei figli ho spesso usato “Bella Ciao” come ninna nanna. Perché quelle parole sono parole d’amore.

La cantano le piazze delle proteste in molte parti dell’Europa e del mondo e l’hanno cantata i cittadini ateniesi quando Alexis Tsipras ha vinto le elezioni in Grecia. E’ una sorta di preghiera laica, che ricorda la barbarie nazifascista del novecento ma, soprattutto, l’amore per la vita e per la libertà.

“Bella Ciao”, però, è anche qualcosa di più. E’ il rivendicare una scelta. Non ieri, non 70 anni fa. Oggi, qui ed ora. Perché dalla Norvegia all’Ucraina, dalla Francia all’Italia, nuovi e vecchi fascismi marciano spediti verso il governo, a volte commettendo violenze o spezzando 77 vite, come quelle norvegesi uccise dalla lucida follia di Anders Breivik.

Per questo, il 70° della Liberazione oggi, più ancora che nel passato, non può essere solo una solenne commemorazione. Non può fermarsi a far conoscere, giustamente, cosa è stato e chi ha combattuto per la libertà. L’antifascismo è una pratica quotidiana. Lo è quando ci cambiamo l’immaginetta nel nostro profilo facebook dicendo che “Je suis Charlie”, e lo è quando ci indigniamo per lo sterminio di massa nel Mediterraneo di migliaia di migranti. L’antifascismo è anche nel contrasto delle molte organizzazioni neofasciste che, facendo apologia di reato, continuano ad inneggiare alla dittatura e al ventennio mussoliniano. L’antifascismo lo esercitiamo scendendo in piazza, ma anche pretendendo dalle istituzioni la necessaria vigilanza democratica verso questi rigurgiti, che va attuata evitando di dare con superficialità permessi e autorizzazioni.

Purtroppo, però, questo paese ricorda – sempre meno e sempre peggio – gli anni della dittatura, e si dimentica totalmente di come il fascismo ha preso piede in Italia e in Europa. Lo dimenticano soprattutto i mezzi d’informazione, che danno voce e fiato ai peggiori messaggi razzisti e xenofobi; ma lo dimentica anche la politica che, troppe volte, si accontenta di celebrare il passato senza, per questo, comprendere il presente.

Quando sono diventato “grande” e ho partecipato al mio primo 25 aprile a Milano nel 1994 – poche settimane dopo l’ascesa di Berlusconi e dei missini  – oltre a cantare “Bella Ciao” ho imparato anche un breve ritornello che dice: “il 25 aprile non è una ricorrenza ma un giorno di lotta e di Resistenza”. Perché i fiori dei partigiani non appassiscano mai.

Buona Liberazione a tutte e a tutti!

www.alasinistra.org (Roberto Pietrobon)

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