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“Non è tempo di pacche sulle spalle e sorrisi. Siamo qui per lavorare”

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Io sono espressione di un territorio che è sempre stato considerato periferia degli investimenti e delle politiche regionali: il Biellese non è più disposto e non si può più permettere questo trattamento. Così come non è più tempo di atteggiamenti isolazionisti. Ciò che sta accadendo alla mia provincia, Biella, è la punta dell’iceberg di un problema grave e incombente, che si sta diffondendo a macchia d’olio nel nostro Piemonte e più in generale in tutta Italia.

Pubblichiamo di seguito il testo dell’intervento “d’esordio” del biellese Vittorio Barazzotto al Consiglio regionale del Piemonte.

Caro Presidente

approfitto dell’occasione per augurare a lei, e a tutti i miei colleghi, un buon lavoro e una buona legislatura.

Aldilà dei convenevoli di rito, ci tengo a farlo per sottolineare quanto sia duro e complesso il momento storico-economico che ci vede protagonisti in quest’aula.

Non è più tempo, se mai lo è stato, di pacche sulle spalle e sorrisi rassicuranti. Siamo qui, tutti, per lavorare. Per lavorare a un Piemonte più grande, con la maggior consapevolezza di sé di quanta mai ne abbia avuta nella storia. E il nostro lavoro deve necessariamente corrispondere a una precisa assunzione di responsabilità a ogni livello: da quello politico a quello puramente amministrativo; dai politici ai dipendenti regionali tutti.

Dobbiamo assumerci la responsabilità di avvicinare l’istituzione che rappresentiamo ai cittadini. Dobbiamo allontanare ogni possibile sospetto dal fatto che la Regione Piemonte sia un ente che appesantisce gli oneri amministrativi; che blocca lo sviluppo possibile attraverso un apparato burocratico composto da uomini e norme che soffocano una legittima speranza, una conclamata necessità.

Facciamolo attraverso una prioritaria revisione dei regolamenti: partiamo dal nostro lavoro che può essere prezioso, quello di maggioranza e opposizione, se non giocato sul vizio di forma dell’ostruzionismo fine a se stesso.

Rendiamo agile, da subito, ogni strumento che ci è disponibile per esprimere le esigenze e le idee del territorio: addomestichiamo il mostro burocratico che la politica stessa ha creato in un passato già morto e incalzato da un presente composto dalle emergenze che caratterizzano il nuovo millennio.

I cittadini si aspettano un Ente amico, che mantenga rapporti chiari con gli enti locali periferici e dia risposte rapide a loro e alle imprese. Alle imprese, perché senza imprese non c’è lavoro. E senza lavoro non esiste il progresso sociale necessario a immaginare il futuro.

La domanda che si è posto Ricolfi in un editoriale di qualche giorno fa sulla Stampa è “Qual è il problema fondamentale dell’Italia?”. La risposta che si è dato può apparire banale e scontata, ma è il vero problema con il quale dovremo combattere lungo tutta questa legislatura: “il problema fondamentale è che, in Italia, mancano almeno sei milioni di posti di lavoro”. E che lasciare insoluto questo problema crea una frattura sociale inedita e gravissima. E nessuno ha il coraggio di dire che creare alcuni posti di lavoro richiede scelte aperte e radicali.

Ebbene, caro Presidente e cari colleghi, noi siamo e saremo chiamati a scelte aperte e radicali. Noi, rappresentanti di una regione che in termini di imprese e occupazione all’Italia ha dato opportunità ed esempio lungo l’arco della sua storia. Noi, che adesso siamo chiamati a rinnovare questa tradizione di attenzione e sviluppo del territorio inquesto tempo di crisi che si manifesta anche come un’imperdibile opportunità (e non declino) di rinnovamento del sistema Italia e quindi del sistema Piemonte:

  • Meno burocrazia: è necessario e urgente lavorare per smantellare un apparato burocratico lento e inefficiente per permettere, in tempi brevi, a chi vuole investire idee e denaro di vedere realizzato il suo sogno imprenditoriale, ed è altrettanto necessario sostenere le imprese esistenti per permetterne la sopravvivenza e la competitività, supportando il credito all’economia reale e attuando i provvedimenti possibili per sbloccare il credito e salvare quel tessuto attivo, ma già molto provato;
  • stimolare investimenti in infrastrutture al passo con i tempi (con la collaborazione tra settore pubblico e privato) per facilitare la crescita di nuove imprese;
  • un ripensamento del ruolo delle partecipate, eliminando i rami secchi per favorire lo sviluppo di quelle virtuose e produttive, che generano lavoro e che le loro mission siano ben identificate, siano considerati centri di responsabilità con obiettivi chiari e un’accurata misurazione dei risultati;
  • che la giustizia garantisca tempi certi, per permettere ai cittadini e alle attività economiche di vivere in serenità il proprio progetto;
  • che i giovani abbiano risposte puntuali e operative a riguardo del loro inserimento nel mondo del lavoro;
  • è necessario un maggior equilibrio fiscale che garantisca il lavoro dipendente, il pensionato e il giovane, ma nel contempo non consideri il lavoratore autonomo come un evasore conclamato, perché è finito quel periodo;
  • eliminare ogni sospetto d’infiltrazione mafiosa nel tessuto produttivo e politico regionale;
  • è necessario il contenimento della spesa pubblica: eliminiamo gli sprechi, e a questo proposito invito tutti i miei colleghi a iniziare, sin da subito, indagini territoriali per scovare lo spreco di ogni ufficio periferico e ottimizzarne le funzioni.

E, a proposito di periferie. Io sono espressione di un territorio che è sempre stato considerato periferia degli investimenti e delle politiche regionali: il Biellese non è più disposto e non si può più permettere questo trattamento. Così come non è più tempo di atteggiamenti isolazionisti.

Ciò che sta accadendo alla mia provincia, Biella, è la punta dell’iceberg di un problema grave e incombente, che si sta diffondendo a macchia d’olio nel nostro Piemonte e più in generale in tutta Italia.

A Biella, a breve, non saremo più in grado di pagare gli interventi sulle strade, il riscaldamento nelle scuole superiori, l’apertura delle gallerie, lo sgombero della neve e tutti quei servizi che sono delegati all’ente provinciale. Non possiamo tornare indietro nella gestione delle funzioni delegate. Non possiamo tornare al passato cercando di convincerci che sia migliore di una sensata programmazione del futuro.

Dobbiamo dare delle risposte, adesso, tracciare una rotta e seguirla. Le province piemontesi sono al collasso, e trascineranno con sé il territorio e le comunità. Diamo un senso al nostro mandato: facciamo tutti la nostra parte e cominciamo con il nostro esempio; abbiamo il coraggio di decidere, con l’opportunità di offrire le soluzioni che da noi i cittadini si aspettano.

Chiudo parlando di cultura, perché da ex sindaco e da ex assessore, e ora da consigliere regionale, mi sta a cuore. Perché la cultura lega il tutto e ci definisce, come persone e cittadini. Ma soprattutto come amministratori.

Recentemente, a un incontro con Antonella Agnoli, esperta nazionale di biblioteche pubbliche, che affermava: “Preferirei che le strade avessero qualche buca in più, ma che si leggessero anche più libri” ho risposto istintivamente: “Se avessimo letto qualche libro in più, sulle strade ci sarebbe sicuramente qualche buca in meno”.

Buon lavoro a lei, Presidente e a tutti voi, colleghi.

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