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Lei non sa chi sono io: Antonio Rosmini

La rubrica con cui Edoardo Tagliani racconta i titolari delle vie cittadine

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rubrica tagliani

Sulla toponomastica locale hanno per forza abbreviato con “A. Rosmini Serbati”, perché “Antonio Francesco Davide Ambrogio Rosmini Serbati”, proprio non ci stava, nel cartello.

Nasce a Rovereto il 24 marzo 1797, data per la quale fin da piccolo ringrazia il Signore in quanto «Egli la fece coincidere con la vigilia della Beata Maria Vergine Annunziata». Forse un filo tirata, come prova inoppugnabile della volontà divina, ma di certo rivelatrice dalla profonda fede che fu il tratto fondante della vita del Rosmini, beatificato da Benedetto XVI nel 2007.

Filosofo estremamente prolifico, cultore delle lettere (a Milano divenne molto amico del Manzoni e di lui scrisse: «è una delle sei o sette intelligenze che più onorano l’umanità») e in qualche modo politicamente impegnato con le sue posizioni estremamente critiche. Non solo, come ci si potrebbe aspettare, contro socialismo e comunismo, ma anche contro la chiesa. Due sue opere, “La costituzione secondo la giustizia sociale” e “Le cinque piaghe della Chiesa”, vennero messe all’indice. Nonostante questo, per la sua enciclopedica cultura e il suo acume filosofico, nel 1849 venne chiamato da Pio IX a prender parte alla commissione vaticana incaricata di definire niente meno che il dogma dell’Immacolata Concezione.

E quali erano, per il Rosmini, queste terribili “cinque piaghe”?

La prima: l’eccessiva distanza tra il clero e il popolo, specie dopo la fine del latino come lingua usata e popolare.

La seconda: un’insufficiente educazione del clero («Un tempo educavano i vescovi, ora ci sono i seminari con i loro “piccoli libri” e i loro “piccoli maestri”»).

La terza: I conflitti tra vescovi e il loro servilismo nei confronti del governo: «Schiavi di uomini mollemente vestiti anziché apostoli liberi di un Cristo ignudo».

La quarta, più tecnica: una critica al meccanismo di nomina dei vescovi.

La quinta: le tasse imposte ai fedeli, vessatorie. Meglio un sistema di offerte libere e la pubblicazione dei bilanci della Chiesa.

Quando morì (Stresa, 1° luglio 1855), in virtù dell’antica amicizia, fu proprio il Manzoni, accorso al suo capezzale, a raccogliere il suo testamento spirituale: «Adorare, tacere, gioire».

Sulla prima e la terza, nessun dubbio. Sulla seconda, il “tacere”, tenuta in conto la storia delle “cinque piaghe”, sia concesso alzare un dubitativo sopracciglio.

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