Gli Sbiellati
Non piove nemmeno sul bagnato
Gli sbiellati: una rubrica per tentare di guardarci allo specchio, e non piacerci

BIELLA – Capita spesso di avere la sensazione che il mondo giri a rovescio, ma di solito è sensazione che proviamo in merito alle piccole cose dell’accadere quotidiano. Episodi in genere molto personali, su cui non perdiamo l’occasione per sbottare di rabbia o in una grassa risata liberatoria. Dipende dall’umore. E di voglia di ridere ce n’è poca, in giro: abbiamo lo sguardo triste puntato sulle bollette della luce e del gas.
Il 22 marzo di ogni anno, dal 1992, è la Giornata mondiale dell’acqua. Un motivo in più per farci passare la voglia di ridere, con la siccità alle porte. Eppure.
Eppure, se ben ricordate, non più di qualche settimana fa parlavamo di mezze stagioni inesistenti e di un presidente qualsiasi, figlio innaturale dello spoil system a capo della partecipata che si occupa della gestione del servizio idrico sul territorio, che conscio delle sue responsabilità allargava le braccia dicendo che non ci resta che un pellegrinaggio a Oropa per sperare nella pioggia e risolvere ogni problema.
Capita poi, invece, di leggere sulle pagine di un giornale locale il documento elaborato dalle Commissioni diocesane di Pastorale sociale e del lavoro (delle diocesi di Biella, Casale, Novara e Vercelli) e sgranare gli occhi: «’Ad petendam pluviam’ erano le preghiere che si levavano nei tempi di siccità fino a qualche decennio fa. Ora che siamo nel periodo di maggiore siccità documentato dagli strumenti scientifici più che alle preghiere ci affidiamo alle previsioni meteo per sperare nella pioggia».
Ohibò! Eccolo, il mondo al contrario: quello dove un amministratore volge gli occhi al cielo con le mani giunte mentre le diocesi fanno un ragionamento da amministratore illuminato. È tra le righe di questo documento (bit.ly/3FIeO0Q) che ci leggiamo ciò che ci saremmo aspettati da chi “governa” il sistema idrico locale, senza per questo togliere alcun merito alla Pastorale che mostra di occuparsene in modo appropriato.
Torniamo alla Giornata mondiale dell’acqua e alla crisi idrica che si prospetta in assenza di precipitazioni: il recente rapporto Istat certifica che gli italiani sono quelli con il maggior consumo di acqua potabile pro-capite rispetto alla media europea e hanno le tariffe più basse; che trattengono solo l’11% dell’acqua piovana rispetto ad altri che ne conservano il 40%; che investono sul sistema idrico 56 euro per abitante contro una media europea di 82. Che i nostri acquedotti perdano per strada il 42% dell’acqua potabile è ormai un dato endemico al quale pare siamo rassegnati, visto che nessun governo riesce a mettere mano alla manutenzione dei condotti.
A fronte di questi dati, però, sarebbe curioso sapere che tipo di responsabilità individuale siamo disposti ad assumerci, per andare oltre alla chiacchiera sul tempo che fa: alzi la mano chi di recente ha cambiato le sue abitudini per evitare lo spreco domestico. Noi che vantiamo un record di consumo pari a 220 litri giornalieri per abitante contro i 165 della media europea, avremmo un buon margine di contenimento per un’eventuale siccità. Ma il basso costo è probabilmente complice nel favorire le male abitudini, quelle che fanno di noi degli spreconi senza diritto alla lamentazione.
Tocca citare ancora le Commissioni diocesane, piuttosto che il devoto presidente di partecipata: «Ci auguriamo che tutti i soggetti istituzionali dedichino il necessario impegno al tema e che l’attenzione all’acqua induca le persone a una conversione degli stili di vita, sempre più necessaria». Va da sé che un uso insostenibile è destinato a generare una scarsità endemica: dal World resources institute lo stress idrico in Italia è previsto, di questo passo, entro il 2040.
E dire che il 12 giugno del 2011 votammo un referendum per mantenere pubblica la gestione dell’acqua, e il 94% dei votanti (27 milioni di italiani) si espresse a favore. Da allora nessun governo mise comunque mano a un sistema di oltre 2.300 gestori idrici, un guazzabuglio di società in cui il 91% degli utili è distribuito agli azionisti privati, senza obbligo di investimenti alla rete, invece di aggiornare tecnologicamente la distribuzione e perseguire una diminuzione della dispersione.
I governi passano fischiettando indifferenza su un tema così importante, ma anche, per alcuni, così redditizio. Certo, secondo la tradizione emergenziale che ci contraddistingue, ora ci affanniamo a vaticinare l’avvento di un “commissario emergenza siccità”, il solito supereroe che sfiderà gli eventi. Contestualmente, qualcuno aprirà tutti i cassetti nei quali stanno chiusi vecchi progetti di dighe sparse ovunque: sai mai che sia la volta buona. Magari piovesse, governo ladro.
Lele Ghisio
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Pier Giovanni Malanotte
28 Marzo 2023 at 12:13
Ed intanto c’è chi non consuma, e, quindi, non spreca, ma paga comunque l’acqua non consumata.