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Gli Sbiellati

No politica, no party

Lo sbiellamento per deformazione nel motore che regola il rapporto tra pubblico e privato

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Fonzarelli di provincia

BIELLA – No politica, no party. Lo sbiellamento per deformazione nel motore che regola il rapporto tra pubblico e privato in iniziative culturali.

No politica, no party

Si sa che sui giornali locali ci buttiamo un occhio distratto e lasciamo le articolesse a chi crede d’essere protagonista di quello e del tutto. Capita spesso, con la politica locale o con quello che le somiglia. Che si credano protagonisti del tutto. Quando fuori, per gli altri, c’è un mondo da mandare avanti e c’è da arrivare a fine mese per poi ricominciare da capo.

Resta facile anche per questo, perdersi tra le contraddizioni. Tra quelle evidenti e quelle che scivolano sottotraccia. Accade anche che queste contraddizioni ci appartengano più di quanto crediamo possibile, se ci abbandoniamo all’istinto più che al ragionamento. Proviamo a scioglierne qualche contradditorio nodo.

No al museo del tessile

La notizia, recente, è che, durante un’assemblea di sindaci, il nostro sindaco rispedisce al mittente la richiesta di collaborazione economica per la nascita e la gestione in città di un museo del tessile, avanzata da Fondazione Crb, Fondazione Pistoletto e Unione Industriali. Non stiamo qui a discuterne il merito, che il punto è un altro e forse ci sta pure che il territorio racconti musealmente la sua avventura di maggior successo: l’industria tessile. Ci interessa di più indagare lo sbiellamento per deformazione nel motore che regola il rapporto tra pubblico e privato in iniziative culturali.

I tre enti di cui dicevamo sono i promotori del progetto MuLab, l’acronimo che dovrebbe contenere l’idea di questo museo-laboratorio del tessile. Non geniale come acronimo, a dire il vero, se già ne esistono altri identici in giro per l’Italia (ce n’è uno in provincia di Brindisi, per esempio; anche se riguarda l’arte contadina, il principio e il nome sono gli stessi).

Già reperiti due milioni di euro

Da promotori sono andati alla ricerca di finanziamenti ministeriali, recuperati anche grazie al Pnrr di quell’Europa che diciamo di disprezzare a fasi alterne. Pare siano oltre i due milioni di euro, le risorse stanziate da quel capitolo. Soldi buoni per sistemare e trasformare i capannoni di Cittadellarte che lo andranno a ospitare. Pare sia quindi sulla gestione, stimata in 370mila euro/anno, che i promotori siano andati a battere cassa alle amministrazioni comunali del territorio.

Nascono da qui i distinguo dei sindaci che sostengono che l’investimento sia privato, in una struttura privata, e che quindi siano tutti affari del privato anche gli altri. No politica, no party. Questo in estrema sintesi, s’intende. Perché mica tutti si sono espressi così chiaramente, per non inimicarsi enti che tornano sempre utili quando le parti s’invertono. Ma la frizione che genera lo sbiellamento sta qui: nel non riuscire a fare in modo che pubblico e privato, insieme, rendano possibile ciò che, a uno o all’altro, da soli possibile non sarebbe.

Distorsioni del pubblico e del privato

Difatti è tutto un manifestarsi reciproca diffidenza: con la politica non si va da nessuna parte dicono i privati; i privati vogliono solo fare cassa coi soldi pubblici dicono i politici. Questo non è altro che il risultato provocato da certe distorsioni del pubblico e del privato, corresponsabili nella loro irresponsabilità. Vero è che l’intervento del pubblico spesso e volentieri ingessa l’iniziativa culturale con ingerenze inopportune; così come è oggettivo il rapacismo di alcuni attori privati, ma è anche vero che spesso e volentieri gli operatori culturali anticipano la liquidità dei contributi, pagando interessi passivi e facendo da banca all’ente pubblico erogatore (lo stesso che ha opportunisticamente tagliato nastri e indetto conferenze stampa).

Un rapporto delicato

C’è da darsi una regolata perché, in un sistema democratico, il rapporto dei poteri pubblici con i fenomeni culturali è estremamente delicato. Anche se c’è il rischio di un ruolo invadente dell’intervento pubblico – che va scongiurato – nell’organizzazione della cultura, non può, per contro, accettarsi un sistema di poteri pubblici assente dal campo culturale.

Lele Ghisio

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