Gli Sbiellati
La banalità del cane
Gli Sbiellati: una rubrica per tentare di guardarci allo specchio e non piacerci
BIELLA – Disclaimer: questo articolo può suscitare qualche ilarità, ma anche, per alcuni, parecchia indignazione.
Nel caso, il secondo almeno, è lecito odiarne l’autore, mentre sono escluse da questa proba tolleranza le minacce e le aggressioni fisiche: cure mediche e legali costano care. Perché ci vuole la pazienza di leggerlo e l’ardore, o l’incoscienza, di scriverlo, un articolo da cani: sui cani. Andiamo a incominciare.
Chi legge sa che amiamo partire da lontano, per focalizzare meglio le distorsioni domestiche. Quindi: se i cani andalusi suscitavano visioni surrealiste che tagliavano gli occhi, quelli locali, oltre a contribuire a sviluppare il nostro, di olfatto, ci restituiscono visioni molto realiste delle loro creazioni. Accade un po’ ovunque, agli angoli della città, ma ci sono predilezioni che fanno discutere o, almeno, stimolano la produzione di contro-performance a loro modo artistiche e geniali, nella loro esplicita semplicità.
Appunto a cura della semplice, ma efficace, genialità di un probabile abitante del luogo, sul muro del vicoletto che collega Piazza Cisterna a Piazza Cucco, al Piazzo, è apparso su di una parete d’angolo, come si conviene, un cartello indicante l’aggiornamento tematico alla toponomastica locale: “La rue de la merde”. Completato, in una sorta di esergo, dal beffardo ringraziamento ai proprietari dei cani, inteso come categoria umana di possessori e umanamente responsabili dei produttori delle installazioni merdaiole sempre presenti sul selciato, dalle innumerevoli variazioni di dimensione e consistenza, ottime per curiosi e statistici del tempo perso. Che a volte coincide con quello perduto a staccarsele dalle suole.
Non è una novità assoluta e nemmeno un’esclusiva, nel senso che anche altre città lamentano lo stesso amore di alcuni proprietari per l’arte intestinale open air dei loro cani, apostrofandone le vie con la stessa accorata intensità. Magari senza affiggere cartelli che ne imitano le targhe murali: e qui sta il genio situazionista di chi, nostro concittadino, l’ha fatto.
Visto che la toponomastica è lo studio linguistico dei toponimi che ne indaga le origini storiche e fattuali, non deve stupire neppure il francesismo: all’inizio del XIV secolo, nell’Europa urbanizzata si era accumulata così tanta sporcizia che non era raro il caso di città francesi e italiane che intitolavano strade a rifiuti umani. Nella Parigi medievale parecchi nomi di queste erano ispirati (e, anche, mi sa, inspirati) dalla “merde”: Rue Merdeaux, Rue Merdelet, Rue Merdusson, Rue des Merdons, Rue Merdière.
Non mi si fraintenda: non sto giustificando quest’esibizione artistica né i passeggiatori di cani, io sto con l’anonimo affissore di targhe murali senza se e senza ma. Trovo solo sterile il lamentoso gne gne che corre sottotraccia al brontolio quotidiano di gente con la puzza al naso: c’è invece da far proposte per risolvere il problema, vista la mole di cani al passeggio, che, di fatto, corrisponde all’accompagnarli al bagno, dato che le installazioni casalinghe pare che non siano poi così apprezzate.
Una di queste potrebbe addirittura portare alla creazione di nuovi posti di lavoro: l’istituzione di una tassa sul possesso di cani da passeggio, utile a pagare del personale dedicato. Qualcuno si ricorderà ben la “Pazza storia del mondo” raccontata dal quel folle di Mel Brooks in cui, nella Versailles di Luigi XIV, era presente un elegante Garçon-pipi che, dotato di secchio, inseguiva i nobili a cui scappava nel pieno di una passeggiata nel giardino reale. Replicarlo a favor di deiezione canina locale potrebbe essere interessante, anche per il suo uso in vari claim a supporto del marketing territoriale: “Una città di merda… raccolta!” (è solo un esempio, neh).
Oppure istituire un patentino per possessori di cani da passeggio, conseguibile solo dopo la partecipazione intensiva a sedute di ipnosi che li inducano, con un riflesso condizionato, alla raccolta immediata della cacca a loro così cara (santa come quella dei bimbi?). O, ancora, rendere obbligatori i pannoloni per cani. Misura ancor più interessante perché libererebbe la città e i portoni del borgo storico anche dalla puzza di piscio canino.
Per tornare all’ambito artistico, potremmo valutare, in quest’epoca di feticismi così parcellizzati, se ci siano degli estimatori della cacca di cane a cui vendere a caro prezzo scatolette sigillate, sull’onda del successo di Piero Manzoni. Poi ci sono Paesi al mondo, probabilmente più civili del nostro, dove il problema della diffusione degli escrementi canini viene risolto alla radice, mangiando i produttori.
Insomma, bisogna prendere in mano la situazione, con buona pace del doppiosensismo che ci piace tanto. In ogni caso, ma non prendetemi alla lettera, vi lascio con un teatrale “tanta merda” a tutti per il 2023.
Lele Ghisio
Continua a leggere le notizie de La Provincia di Biella e segui la nostra pagina Facebook