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Gli Sbiellati

Invece era un calesse

Gli sbiellati, la rubrica di Lele Ghisio

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Fonzarelli di provincia

Spoiler: rubrica ad alto rischio di pessimismo e fastidio o, nel migliore dei casi, di noia profonda. A volte, a definire meglio un sentimento o un’idea sono le notizie di cronaca nelle quali s’inciampa al mattino. In uno dei giorni scorsi pensavo a un po’ di fatti miei, ma soprattutto pensavo che fosse amore. Non scendo in dettagli, che potrebbero benissimo trascendere la contemporaneità, ma proprio la cronaca mi ha riportato bruscamente alla realtà: era un calesse.

Come quello dell’incidente riportato dalle cronache locali. Sei lì che guidi sovrappensiero e a un certo punto urti qualcosa: un calesse, nientemeno. Immagino lo stupore, e il dispiacere, dell’automobilista nell’accorgersi che era un calesse e non un’altra auto. C’è da stare attenti, nella vita e sulla strada. Però certe faccende capitano comunque, indipendentemente dall’attenzione che ci poniamo. Capita in amore, ed è già una sufficiente disgrazia personale. Capita in politica, ed è un’irreparabile disgrazia collettiva.

Forza delle metafore, ma chi l’avrebbe detto che quella del malinconico film di Troisi si sarebbe trasformata in adagio della cultura popolare a distanza di così tanti anni. Vien voglia di tornare a guardarlo per bene. A proposito di giornali locali e disgrazie collettive. Vi sarete di certo accorti – ma anche no, in effetti – che hanno cominciato ad apparire quegli stucchevoli articoli destinati alla solita partita di giro, piuttosto che a lettori avidi di notizie o approfondimenti.

Articoli dal sempre più esplicito sapore pre-elettorale, posizionamenti vari e inutilità correnti sul filo del pettegolezzo cittadino. “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”, suggeriscono da un altro inferno. Noi voltiamo pagina volentieri e rapidamente, ma, in effetti, è un po’ così: spifferi di gossip come fossero fine di mondo, comunicati e contro-comunicati stampa dalla sgrammatica linguistica e istituzionale frequente. L’uno a smentire l’altro e l’altro a smentire persino sé stesso. L’importante è smentirsi sempre, a vicenda.

Tutti intenti a parlarsi addosso e tra di loro, dopo i sussurri nelle segrete stanze per mettere a ferro e fuoco le ambizioni personali. Perdipiù convinti d’essere al centro della nostra attenzione, quando invece noi di calessi ne abbiamo abbastanza. Dei nostri sì, ma anche di quelli che si sono rivelati essere loro a fasi alterne, mancini o destrimani che fossero. O centrali che c’entrano poco, perché no.

Delusioni che hanno generato una diffusa disaffezione alle faccende politiche locali e i dati sono lì che cercano di dircelo da un po’. Altro che sondaggi di qua e sondaggi di là, buoni per scoprire il numero vincente alla lotteria quinquennale e per avere qualche argomento di conversazione.

C’è chi ha già tentato una fuga in avanti autofederandosi in un civismo molto più assimilabile al cinismo, piuttosto che alla società civile. Altri si baloccano con l’idea di qualche primarietta per calmierare gli egoriferiti delle possibili alleanze, ma finora si è canticchiato – al ritmo della terra dei cachi – “primarie sì, primarie no, primarie un po’”. Intanto noi si collassa alla terza riga di quegli articoli, per niente determinativi.

Dicevamo di disaffezione. È che noi ce l’abbiamo messa tutta, per entusiasmarci del nuovo. Che però ha già smesso d’essere novità, con la rassegna di solite facce ormai tramutate in solide facce per la loro inamovibilità. Che il nuovo non fosse garanzia sufficiente è ormai chiaro da tempo, come la questione del calesse. Quel che ci resta sa di rassegnata indifferenza.

Negli ultimi 10/15 anni si è invertita una tendenza che prima era quasi una legge fisica: i sindaci uscenti se si ripresentavano risultavano vincenti nella maggior parte dei casi; ora non più, a percentuali invertite. L’impressione è che il problema siamo noi, nel senso di elettori: l’asticella delle nostre aspettative l’abbiamo fissata troppo in alto perché non venisse frustrata dall’inadeguatezza politica diffusa.

È anche vero che con questi tempi che corrono veloci, noi di tempo non ne abbiamo poi molto per attendere cambiamenti epocali, con la fine del mese che ci sbatte sempre addosso. Avremmo necessità di qualcosa di credibile, più che di una faccia presentabile. Di qualche cambiamento che incida sul nostro quotidiano, più che di teorie accademiche o promesse da marinaio.

Ah, la visione! Dimenticavo questa chimera che, poveretta, viene sempre strattonata e malintesa. Insomma si tratta di progettualità che si attiene alla sua praticabilità, non di idee campate in aria per poi sceglierne una a caso. Tipo cercare i bandi per le cose da fare, piuttosto che fare le cose per cui ci sono i bandi: ci vorrebbero meno segrete stanze e più pubbliche istanze. La strada è ancora lunga, ci aspetta un semestre di chissà quali geniali rivelazioni. Che noia. Io vi avevo avvisato.

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3 Commenti

1 Commento

  1. Bruno Gluglielminotti

    12 Dicembre 2023 at 10:14

    Ottimo, Lele. Sono convinto di essere a mia volta un calesse. Ciao Bruno

  2. Pier Giovanni Malanotte

    12 Dicembre 2023 at 11:17

    qunadosi vota ricordarsi del detto evangelico : l’albero si conosce dai frutti__e speriamo che ci siano

  3. eSonia

    12 Dicembre 2023 at 12:23

    ma questo che scrive, ma chi e’ ??? c’e’ qualcuno che puo’ darci un campo da coltivare, un’ anziano da accudire, che lavoro faceva ?? ma che discorsi fa sempre ?? le colpe precise della distruzione di biella e tutti zitti son ben chiare, politici, autorita’ e SCRITTORI come questo fisio, sisio mah ……

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