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Ted, il soldato salvato dai biellesi

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L’intervista ad un giovane biellese emigrato, la Seconda guerra mondiale, i diari di un reduce neozelandese, Netro, Auckland, un viaggio oltreoceano. Sembrano parole a caso, apparentemente senza nulla in comune. Invece sono alcuni pezzi di un puzzle, frammenti di una storia cominciata durante l’occupazione nazifascista e conclusa idealmente settant’anni dopo, a settembre di quest’anno.

L’intervista ad un giovane biellese emigrato, la Seconda guerra mondiale, i diari di un reduce neozelandese, Netro, Auckland, un viaggio oltreoceano. Sembrano parole a caso, apparentemente senza nulla in comune. Invece sono alcuni pezzi di un puzzle, frammenti di una storia cominciata durante l’occupazione nazifascista e conclusa idealmente settant’anni dopo, a settembre di quest’anno.

Era il 1943 quando Edward Sutton, o più semplicemente Ted, giovane soldato neozelandese, venne fatto prigioniero e trasferito nel Campo 106, vicino a Salussola. Trascorse un breve periodo a lavorare nelle risaie di cascina Falciano, a Vigellio. Poi, con l’armistizio, venne liberato e si diresse verso nord. Dopo aver camminato per giorni, raggiunse Netro, dove trovò riparo in una baracca dormendo tra le foglie.

Ted rimase nascosto con un soldato australiano, Norm Worthington, fino a fine 1944 quando fu nuovamente catturato dai tedeschi mentre tentava di fuggire in Svizzera. La vita fu dura e rischiosa per quei due giovani fuggiaschi nascosti a Netro. Quando le truppe tedesche arrivarono, i contadini nascosero Ted dentro ad una ciminiera con un solo buco per l’aria e coperto di spazzatura. Ted e Norm furono gli unici due soldati – su centinaia fra Kiwi e Australiani – ad attraversare questa parte d’Italia e ad essere nascosti dalle famiglie locali.

Tanti furono i momenti difficili, come mangiare gatto a Natale, da solo, sentendo sempre più forte la nostalgia di casa. Contemporaneamente, però, Edward imparò ad apprezzare le piccole e poche gioie riservate a un uomo in fuga, iniziò ad amare il salame, il vino, la pasta.

Ted annotò la sua esperienza in un diario. E proprio leggendo quelle pagine la figlia Alison iniziò a scoprire qualcosa di più sulla guerra del padre, argomento che l’uomo affrontava raramente, e decise di visitare i luoghi e la gente che lo avevano nascosto, salvandogli la vita.
Alison e Ted tornarono a Netro una prima volta negli anni ’70, durante un lungo viaggio in Europa. All’epoca, però, anche a causa delle incomprensioni linguistiche, fu impossibile rintracciare le persone che lo avevano ospitato.
Ted morì circa vent’anni dopo. Ed Alison, in cuor suo, continuò a coltivare il sogno di tornare nel Biellese.

Pochi mesi fa, la sua speranza si riaccese leggendo un quotidiano. Un giornalista aveva infatti intervistato Andrea Baldin, biellese recentemente emigrato in Nuova Zelanda. Alison si mise in contatto con lui e iniziò ad organizzare il viaggio.

La famiglia Sutton a Netro

Accompagnata dal marito John Benseman e dalle figlie Hanna e Meg, Alison arriva a Netro nei primi giorni di settembre. Lo scopo? Cercare le tracce delle quattro donne citate dal padre nel proprio diario. Wanda Campagna (che viveva con suo fratello Nelson in via del Teatro in una casa ricoperta di edera) e Clelia Peretti, che gestiva una trattoria. Wanda e Clelia diedero a Ted cibo, vestiti, soldi e cartine. Anche Francesca Garzena e Dovilia Berillo furono fondamentali per la sua sopravvivenza.

L’avventura inizia meglio del previsto: Alison e la sua famiglia affittano uno chalet che, caso vuole, è di proprietà di Paola Garzena, nipote di una delle quattro donne appena citate.
Paola – insieme ad Alessia Baldin (sorella del biellese che vive in Nuova Zelanda), il suo compagno Giancarlo Mazzucchetti e Giuseppe Galli, che per l’occasione fa da traduttore – li accompagna nei luoghi della latitanza e ascolta la loro storia. Quando sente pronunciare il nome di Dovilia, la donna dà loro una splendida notizia: è ancora viva.

L’incontro con Dovilia

«Mio padre è morto anni fa e so che probabilmente non ci sarà più nessuno ancora vivo  tra le persone da lui conosciute – spiegava Alison prima di partire –. Ma voglio mostrare alle mie figlie il paese, così possono visualizzare com’era il posto in cui il nonno si è nascosto, così diverso dal posto dal quale proveniva».

Dovilia, invece, è viva. Ha 93 anni. Così il giorno successivo si organizza l’incontro, probabilmente uno dei più emozionanti della vita di Alison e non solo.

«Quando le abbiamo mostrato le foto – racconta la donna con gli occhi lucidi –, lo ha riconosciuto e si è commossa. Si è subito ricordata di mio padre. Non aveva mai parlato di questi fatti nemmeno con la figlia Giuseppina, presente durante l’incontro. E’ stato commovente pure per lei, anche suo padre era stato fatto prigioniero in Russia».

L’età gioca brutti scherzi a Dovilia, che magari fatica a tenere a mente ciò che ha mangiato il giorno prima, ma i ricordi di quel periodo sono ben saldi nella sua memoria. Come quel dono fatto da Ted poco prima di andarsene. Un anello, un regalo per ringraziarla e sdebitarsi con lei, ma anche un oggetto pericoloso.
«Ci ha raccontato di averlo accettato in un primo momento – continua Alison –, ma di averlo poi restituito. Sull’anello c’era un’iscrizione in inglese. Con i tedeschi nei paraggi sarebbe stato troppo rischioso tenerlo». La visita continua al cimitero e nei boschi della Valle Elvo, nei posti riservati e silenziosi che avevano reso Ted invisibile agli occhi dei nazifascisti.
Alison, John, Hanna e Meg sono pronti per ripartire. Non prima di una tappa a Biella per gli ultimi saluti, per rivedere i compagni d’avventura conosciuti in giorni biellesi e godersi un aperitivo. Ci si trova tutti al Caffè Boglietti, la cui proprietaria, Paola – un altro caso del destino – è originaria di Netro, discendente di una famiglia che vide incendiare la propria trattoria perché sospettata di dare ospitalità e ricovero a fuggiaschi e partigiani. Tutto ciò succedeva settant’anni fa, tuttavia basta togliere un po’ di polvere per far riemergere ricordi di cui si parla poco, ma che sono ancora ben presenti nel cuore di molte famiglie biellesi. Ricordi di guerra, ricordi di umanità. Come quella volta che uomini e donne della valle rischiarono la vita per salvare un soldato neozelandese…

Matteo Floris

L’INTERVISTA AD ALISON SUTTON: http://www.laprovinciadibiella.it/pages/%C2%ABsulle-tracce-lasciate-da-mio-padre-ho-trovato-molto-piu-di-cio-che-cercavo%C2%BB-7428.html

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