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Eventi & Cultura

Quando i telai battevano a mille

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S’intitola “Quando i telai battevano a mille” la serata in programma domani alle 21 nella sede di Noi Biellesi in via Costa di Riva, 8.

Verranno proiettati cinque brevi film, realizzati a Biella tra il 1958 e il 1962.  Testimonianze di un periodo cruciale della storia sociale e industriale della città.

S’intitola “Quando i telai battevano a mille” la serata in programma domani alle 21 nella sede di Noi Biellesi in via Costa di Riva, 8.

Verranno proiettati cinque brevi film, realizzati a Biella tra il 1958 e il 1962.  Testimonianze di un periodo cruciale della storia sociale e industriale della città.

E’ la fine degli anni ’50. Nel capoluogo laniero il boom economico sembra in anticipo sui tempi.

Le fabbriche battono a mille e richiamano forza lavoro dal circondario e da altre regioni. La disoccupazione quasi non esiste. La città si estende verso sud con la costruzione di nuovi quartieri, case popolari, strutture sociali e sportive.

Nelle immagini in bianco e nero di quell’epoca il popolo biellese appare operoso e austero. Si lavora tanto, ci si diverte poco. Pure, in questi piccoli e preziosi film, si rivela una comunità capace di riflettere sui problemi del presente e di interrogarsi sul futuro. Non si tratta solo dell’iniziativa di alcuni studenti/artisti quali erano i ragazzi del Cine Club Biella. Dietro a quei film c’è sovente il sostegno produttivo di qualche industriale, come Aldo Blotto Baldo, fratello dell’allora sindaco Bruno e mecenate del cinema biellese. Fu lui a finanziare un film ambizioso e importante come Ritorno, e fu lui a chiamare a raccolta i cineamatori per documentare gli eventi pubblici più significativi di quegli anni, come lo smantellamento della “cintura di ferro”, la linea ferroviaria cittadina che portava alla vecchia stazione, o l’inaugurazione della piscina Rivetti, a sua volta voluta e finanziata da un altro grande industriale, Guido Alberti Rivetti, per onorare la memoria del figlio Massimo. Allo stesso modo sono personaggi come Giorgio Rivetti a finanziare importanti opere sociali, o a promuovere eventi di grande richiamo, come il grande Carnevale 1959, di cui il film Ridolini servitore in casa Tapponi, con Febo Conti protagonista, fu una divertente appendice. Industriali, mecenati, filantropi, benefattori. In una sola parola potremmo chiamarli paternalisti, perché quello del paternalismo industriale pare essere in quegli anni il paradigma dello sviluppo economico-sociale del distretto laniero. Un modello che oggi non esiste più. Con la crisi dell’industria la città si spopola e non attrae più immigrati come ai tempi del film Quinta colonna.

Al posto del miraggio del lavoro in fabbrica, così ben descritto nel film Ritorno, c’è oggi la prospettiva di un ritorno alla campagna. Chiudono fabbriche e negozi, le case sono in vendita, la città è in cancrena. La catena lavoro-ricchezza-progresso sociale si è bloccata. Il lavoro manca, è vero, ma di ricchezza ce n’è ancora. Perché non ripartire da quella? Attingere al patrimonio, sbloccare qualche conto svizzero, avere delle idee, investire, credere ancora nel futuro.

Tutte le pellicole presentate sono state recuperate, restaurate e riversate in digitale da Giorgio Pisca.

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