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Franco e Giovanna, cinquant’anni di volontariato

Una coppia di Cossato straordinaria

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Incontriamo Franco Staccini, 80 anni, che ribadisce più volte “Ottanta voglia di averne meno”, con la moglie Giovanna Maria Bissacco, presente alla conversazione, che ci racconta della propria esperienza nell’ambiente degli aiuti umanitari nel mondo.

Franco è nato a Oropa nel 1942. Il papà Antonio, originario di Perugia, era una delle guardie del Santuario. La mamma Carolina, originaria di Mongrando, lavorava per le suore, per le Figlie di Maria, in lavanderia e riassetto camere.

«Eravamo sei figli – spiega Franco -. I miei genitori hanno avuto due figli morti dopo pochi mesi di meningite fulminante. Sono poi arrivati i miei fratelli, Ines, Angelo, Maria Teresa e finalmente sono arrivato anch’io, a rompere le scatole a tutti. Abbiamo vissuto nella bella conca per sei anni, poi siamo scesi a Biella. Papà faceva guardia notturna al Lanificio Rivetti. Io, dopo aver frequentato le elementari alla “De Amicis”, ho iniziato a lavorare. Gioie care – dice rivolgendosi a noi -, avevo 12 anni appena. Facevo il garzone dal fiorista Fessia. In seguito sono stato in fabbrica, nel tessile, dal 1968 al 1975, circa».

In contemporanea, Franco si occupava già di aiuti umanitari.

«Intanto diciamo che, nel 1992, io e Giovanna ci siamo sposati e da allora lei mi ha sempre sostenuto e tanto si è data da fare. Insieme abbiamo intrapreso viaggi impegnativi per la consegna di materiale in Polonia, Marocco, Romania e Francia. In concomitanza, siamo stati guardie d’onore al Pantheon di Roma, in cui ci sono le tombe reali. Nel 2001, quando è mancata la ‘regina’ Margherita, Maria Josè di Savoia, sono stato personalmente a vigilare sulla sua salma per conto dell’Istituto nazionale d’onore alle reali tombe. Era morta a Ginevra ed era stata seppellita in Francia».

Nella vita, Franco è stato anche per un lungo periodo camionista e ha viaggiato in tutta la penisola, dal 1975 al 2007, anno in cui è andato in pensione. Per un po’ è stato anche in Arabia Saudita.

Intanto, sul tavolo c’è una grande cartella con i riconoscimenti a loro assegnati e diversi album fotografici, che ci mostrano, facendo riaffiorare i ricordi.

«Abbiamo destinato tanti beni ai bisognosi, dai medicinali all’abbigliamento, al materiale ospedaliero, come le sedie a rotelle, i letti e i comodini, soprattutto in Romania, in cui abbiamo contribuito ad allestire un ospedale, e in Polonia, in cui, in collaborazione con Caritas nazionale, che a quei tempi era diretta da padre Dario, avevamo aperto due farmacie, tre sartorie, con la stoffa che ci era stata donata dalle industrie biellesi, e avevamo donato due ambulanze. Con alcuni abiti da sposa, là le donne avevano cucito abitini per la prima comunione delle bimbe. A Sarajevo, la guerra era appena finita. C’era un aereo abbattuto ancora con i cadaveri all’interno. I morti erano così tanti, che non riuscivano a gestirli».

Giovanna a questo punto interviene, ricordando che in quel periodo arrivava a fare due lavatrici di vestiti al giorno, per poter inviare capi di abbigliamento puliti.

«I nostri interventi più importanti sono avvenuti grazie a don Giancarlo Zaganelli, che ci ha introdotti al volontariato – prosegue Franco -. È comunque un mondo che ti porta a conoscere tante persone e così tanti poveri. Incontri gente che piange, che ha bisogno di aiuto fino a un punto che è difficile da immaginare per noi. Ho ricordo di donne che a vedere i capelli di Giovanna, li accarezzavano, domandando come facessero ad essere così belli. Abbiamo incontrato persone umili e abbiamo provato emozioni forti. Negli anni a seguire siamo stati a Milano, sempre per beneficenza, e c’era Marta Marzotto. Ci ha fatto piacere conoscerla».
«Al momento – conclude Giovanna – ci siamo un po’ calmati per motivi di salute di entrambi, ma accade ancora di aiutare».

Lo sguardo di Franco è fermo su di noi, a far intendere che opererebbe ancora in prima linea, se potesse.
Anna Arietti

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