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Quei 4 nelle versioni… tutti meritati. Grazie professore, ad maiora!

Prof. Autino, sempre rispettato, spesso temuto, talvolta amato, ma mai “detestato”, è sempre stato il ritratto della giustizia

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BIELLA – Sempre rispettato, spesso temuto, talvolta amato, ma mai “detestato”. Questo è stato, per diverse generazioni di studenti, il professor Paolo Autino. Impossibile non apprezzarlo, perché l’avversione – parlando da studenti – è un sentimento che si riserva agli insegnanti prepotenti, agli ingiusti, agli autoritari, ai meschini e ai mediocri. E Autino non è mai stato nulla di tutto ciò, semmai l’esatto contrario. Autorevole, corretto, preparato, giusto. Nel suo essere esigente ed inflessibile, soprattutto nei giudizi, per tutti noi è sempre stato il ritratto della giustizia. Dike, nell’Olimpo del liceo di via Addis Abeba, offesa dalle “colpe” degli studenti che non raggiungevano il livello richiesto, ma imparziale nel distribuire i quattro, i tre, i due… Senza mai guardare in faccia nessuno. E sfido a trovarne qualcuno che possa sostenere di non esserselo meritato.

Autino, per un ex liceale ormai ultratrentenne, ha rappresentato il passaggio all’età adulta, l’ingresso in quel mondo che non fa sconti. Dopo l’impatto un po’ più soft del ginnasio, dove altre colonne come le professoresse Conti e Giovagnini iniziavano a spiegarti che la pacchia era finita, ma con modi più “materni”, arrivava lui a chiarire il messaggio al liceo. Con il senno del poi, magari il mondo degli adulti fosse davvero sempre così, come lui, un mondo che non fa sconti, ma nemmeno sgambetti, abitato da persone magari severe e seriose, ma integerrime e incorruttibili. E no, non si sta esagerando per lisciargli il pelo – operazione che peraltro nel suo caso non darebbe frutti -, semplicemente Autino è stato ed è tutto questo.

Come dimenticare le centinaia di ore passate ad ascoltarlo parlare di letteratura? Vere e proprie conferenze, più che lezioni. Tutte a braccio, con uno stile e un’arte oratoria da far invidia a parecchi blasonati colleghi universitari.
Come dimenticare quelle versioni piene di correzioni? Tutte in blu, ovviamente, il colore dell’errore “grave”, ché il rosso probabilmente era finito.

Autino è un gigante, stimato e ammirato da chi ha avuto la fortuna di di passare tra le sue “grinfie”. E tutto ciò nonostante la sua eccentricità – non ce ne voglia, professore – che non faceva che accrescerne il mito. Dalle immancabili giacche di velluto color vinaccia, agli storici maglioni a rombi. Perché Autino, almeno ai nostri occhi, è sempre stato questo: l’uomo dall’immensa cultura, colui che poteva permettersi addirittura di contestare l’onnipotente Rocci – la leggenda narra che nei primi anni Duemila si fosse dedicato perfino ad approfondire lo studio dell’aramaico, un’ipotesi che da ex allievo mi è sempre apparsa tutt’altro che inverosimile -, ma anche l’uomo concreto, dalle mani robuste, tipiche di chi oltre alle fatiche intellettuali, ama dedicarsi anche a quelle fisiche.

È difficile immaginare che davvero possa andare in pensione, che sul serio abbia deciso di abdicare e non tornare a prendere possesso della sua cattedra, a settembre. Proprio lui, sempre presente, anche dopo un incidente in moto.
Sicuramente il peso della sua eredità si farà sentire a lungo dalle parti del “G. e Q. Sella”.

A noi non resta che ringraziarlo e augurargli il meglio per la sua nuova vita, immaginandolo leggere queste poche righe e alzare ancora una volta il sopracciglio, magari provando a trattenere uno dei suoi rari sorrisi.

La classe II B del 2004 insieme al professor Autino (sulla destra)

Matteo Floris

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