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Maddalena Vaglio Tanet, la scrittrice che torna da Maastricht

Tra le righe, la rubrica di Enrico Neiretti

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Il bosco segna sempre un confine. Un confine non netto, non rettilineo, non perfettamente tracciato. Un confine non annunciato.
A volte arriva inaspettato dopo una curva, oppure, diversamente, si manifesta un poco alla volta, con la natura che passo dopo passo si riprende fisicamente il suo spazio, mostrandosi progressivamente più forte, robusta, preponderante; le case si fanno più sparute e gli alberi sempre più presenti.
Il bosco separa la piana dalla collina; lo si incontra dove la strada sale, dove i segni della modernità si attenuano, dove le case raccontano di tempi antichi ed i paesi sono ognuno un borgo distinto, ognuno abbracciato e avvolto, difeso o minacciato dal proprio bosco.

Sì perché il bosco è barriera, ma anche mistero, entrambi apparentemente inespugnabili ed incomprensibili. Il bosco custodisce, nasconde, il bosco segna la prepotenza di una natura feroce, non addomesticata, una forza primordiale ed inquietante che assomiglia tanto alle pieghe oscure dell’animo umano.

E, come l’animo umano, il bosco visto da fuori rassicura, pare una grande forza tranquilla ed immutabile, ma basta penetrare al suo interno per capire che tutte le coordinate con cui ci orientiamo nel nostro mondo, lì, in quel dedalo fitto di alberi, muschio, erbe, sassi e terra, non valgono più.

Esattamente come per le persone: l’aspetto solido, immutabile, persino prevedibile che ci rassicura e costituisce un appiglio sicuro nel nostro relazionarci, non è mai manifestazione precisa della complessità interiore, di quel reticolo irregolare dei moti dell’animo che un fattore destabilizzante può trasformare rapidamente in smarrimento: il bosco, il bosco interiore.

Maddalena Vaglio Tanet esordisce -dopo diverse opere per ragazzi- con il suo primo romanzo: Tornare dal bosco, edito da Marsilio, in uscita il 28 febbraio (il libro sarà presentato a Biella dall’autrice venerdì 10 marzo alle 18 presso la libreria Giovannacci). Lei è una scrittrice biellese che vive a Maastricht, dopo aver studiato e lavorato in diversi luoghi, in Italia e all’estero.

Con questo romanzo torna nel Biellese raccontando una storia che si ispira ad una vicenda reale avvenuta tra Biella e Bioglio. In particolare nei boschi attorno a Bioglio.

Siamo nel 1970. Silvia è una maestra di scuola elementare, una di quelle maestre senza marito e senza figli che nel loro lavoro riversano tanta attenzione e tanto sentimento; probabilmente in molti ci siamo imbattuti in persone così. La sua vita è di colpo sconvolta dal suicidio di una sua allieva, Giovanna, una ragazzina scesa con la famiglia dalla montagna; una ragazzina non inserita nell’ambiente scolastico, chiusa, un’esclusa.
Silvia, sconvolta da quel dramma che la tocca nel profondo, scompare.

Tutti i conoscenti la cercano ma lei non si trova, e un poco alla volta l’attenzione sulla scomparsa cala e sulla vicenda si stende una sorta di consapevole distrazione. A trovarla, nascosta nei boschi intorno a Bioglio, rifugiata in un capanno abbandonato, sarà Martino, un bambino di città trasferito in quelle colline. Un bambino che non fa parte di quella comunità, anche lui un escluso. Martino le porterà acqua e cibo e riuscirà a farla parlare promettendole di non svelare a nessuno quell’incontro.

Sono in attesa di leggere il libro, ma le anticipazioni di trama e personaggi ed una bella chiacchierata con l’autrice -che ringrazio-, mi fanno davvero pensare che il romanzo mi farà rivivere sensazioni che mi appartengono. Sensazioni certo non legate a storie drammatiche e complesse come quella raccontata, ma ugualmente nutrite dallo stupore e dallo smarrimento indotto dalla natura aspra e misteriosa dei luoghi che ho conosciuto, dal bosco, con tutta la sua tempesta di odori, colori, luci, forme, geometrie incoerenti eppure armoniche, e dall’inquietudine dell’anima, che a volte pare controllabile soltanto nell’ordine di una quotidianità stabilita e completamente antropizzata.

Del resto in qualche modo questo romanzo rappresenta per Maddalena Vaglio Tanet una sorta di ritorno nel Biellese, un omaggio ad una storia che -magari sottotraccia- continua a muoversi, una storia dove le vicende di famiglia, le esperienze di contatto e di relazione con i luoghi, le leggende e l’eco di cronache del passato si combinano tra di loro e si fanno rappresentazione della complessità del vivere.
Enrico Neiretti

Maddalena Vaglio Tanet

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