Attualità
La storia della Tipografia Robino: “Sono stati 62 anni di soddisfazioni”
Paolo Robino, figlio del fondatore Bruno, racconta la vita della storica attività fondata nel 1961 e chiusa a fine 2023
Sono stati 62 anni di attività che hanno fatto la storia della tipografia biellese. Nacque in piazza Piave nel 1961 come “La Grafica” e divenne “Tipografia Robino” nei locali di via Ranzoni a Cossato, ubicazione in cui ha chiuso i battenti il 31 dicembre 2023.
Tipografia Robino, come tutto cominciò
«Tutto è cominciato con nostro papà Bruno, che inizialmente aveva due soci, Guffante e Settilio, rimasti con lui fino al 1974 – spiega il figlio Paolo, classe 1964 -. Quando si è ritrovato soltanto lui, il nome è diventato “Tipografia Robino Bruno”. Io e mio fratello Sandro abbiano frequentato il laboratorio fin da bambini. Nel 1968 avevamo subito l’alluvione, ma per fortuna, un muretto aveva incanalato l’acqua lungo la strada, limitando i danni. Nei primi anni Settanta, papà aveva quattro dipendenti. Mio fratello era subentrato nel 1975 e io nel 1980. È stato con il mio ingresso che siamo passati da tipografia a litografia. La differenza sta nell’evoluzione della stampa. Dai caratteri in piombo, sul modello ideato dal tedesco Johannes Gutenberg, a un tipo di stampa più veloce, con cui si elabora facilmente il colore. Eravamo nel boom economico in ambito tessile e le tinte erano importanti. Nel 1987 avevamo subito un incendio e interrotto il lavoro per i danni ai macchinari. Negli anni Novanta, eravamo arrivati a contare in azienda noi quattro della famiglia, con mamma Primina, e cinque dipendenti. Sono stati i nostri anni migliori. Con l’arrivo dei computer, il lavoro era calato e anche il tessile non funzionava più come prima, di conseguenza avevamo ridotto il personale. Nei primi anni Duemila, eravamo impegnati noi della famiglia e lavoravamo con le stampe digitali, come richiedeva il mercato».
«C’erano le sale da ballo, Caravel, Peschiera e Faro, che ci facevano stampare ognuna un migliaio di manifesti al mese»
Le tirature erano minori e più veloci. Era richiesta rapidità.
«Siamo sempre andati bene, ma nel mese di giugno di quest’anno mio fratello Sandro è mancato e io ora sono in pensione».
Quali sono state le soddisfazioni più importanti?
«Certamente l’aver lavorato tanto per grossi lanifici e con le amministrazioni comunali. Negli anni Ottanta e Novanta per ogni evento si facevano manifesti e locandine. La soddisfazione arrivava anche dalla qualità della vita, che era diversa. La tipografia era come un porto di mare, passava molta gente, anche soltanto per amicizia. Lavoravamo tantissimo con le imprese funebri. Oggi invece ognuno stampa in proprio. C’erano le sale da ballo, Caravel, Peschiera e Faro, che ci facevano stampare ognuna un migliaio di manifesti al mese. Facevano tre serate a settimana, giovedì, sabato e domenica».
Sono numeri che fanno strabuzzare gli occhi rispetto a oggi.
«Girando per il paese, oggi vedo poca promozione. Molto è cambiato e forse in peggio. Si tende a fare pubblicità sui canali social e il cartaceo è un po’ sparito».
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«È stato bellissimo lavorare 45 anni insieme»
È un’azione più immediata, ma ugualmente efficace?
«Sarà moderno, ma sono convinto che per far sapere alle gente, la pubblicazione cartacea, il manifesto, si veda meglio. Fino ai primi anni Duemila, da noi passavano settimanalmente i giornalisti per conoscere tutti gli eventi. Era un altro sistema di vita. Il progresso su tanti aspetti crea regresso. Poi, secondo me, c’erano più serietà, regolarità e sincerità».
Dedichiamo un pensiero a Sandro.
«Eravamo legatissimi – conclude Paolo Robino –. Il ricordo più bello è aver trascorso 45 anni di lavoro insieme, condividendo aspetti positivi e negativi. Comunque l’impegno più grosso l’aveva sostenuto nostro papà e l’aveva fatto per noi. È stato un dispiacere chiudere, anche per il suo ricordo. Ora il locale è vuoto».
Anna Arietti
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