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La lezione di Avallone e Pistoletto

Fra le righe, la rubrica di Enrico Neiretti

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Ho visto da poco il docufilm “Biella, futuro, presente”, un bellissimo progetto della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella (il video e visibile sul canale YouTube della Fondazione), con la regia di Manuele Cecconello su soggetto della scrittrice Silvia Avallone. Ed è proprio Silvia Avallone a condurre lo spettatore in un viaggio affascinante tra i luoghi e le storie della nostra provincia.

Il film comincia e si conclude con un dialogo tra Silvia Avallone e Michelangelo Pistoletto, dipanandosi tra le storie di alcune persone che nel biellese hanno fondato o preso in mano attività diverse tra di loro, ma che hanno in comune una forte fiducia nelle risorse del territorio.

Mi ha colpito molto questa bella cavalcata tra le valli in cerca di una bellezza che si fa risorsa importante per guardare al futuro con fiducia.

Del dialogo tra Silvia Avallone e Michelangelo Pistoletto mi è rimasto in mente un concetto forte, due parole che descrivono un movimento e che continuano a risuonare nella mia mente portando con esse un significato profondo: andare e ritornare.

Sì andare via per poi tornare.

Ne parla Silvia Avallone che da Biella è andata via per diventare una delle più importanti giovani autrici della narrativa italiana, e che a Biella torna spesso con una nuova consapevolezza e con uno sguardo che fonde il suo ricordo personale alla visione maturata nella sua esperienza.

Ne parla Michelangelo Pistoletto, artista di fama internazionale che a Biella è tornato a vivere stabilmente creando la sua fondazione Cittadellarte, il progetto di studio e ricerca che tutti conosciamo.

Andare, conoscere, fare esperienza e poi tornare con una visione diversa del territorio in cui siamo nati e cresciuti. Questo è il filo che lega le storie diverse che qui vengono raccontate.

A qualcuno potrà sembrare una bizzarria, a molti una visione di maniera che ha poca attinenza con la realtà quotidiana. Eppure qualsiasi innovazione, qualsiasi visione di crescita e di superamento dei vecchi paradigmi -sia produttivi che sociali- non può che arrivare da uno sguardo proiettato altrove, verso il mondo che ogni giorno ci da prova di una vivacità a cui forse non eravamo abituati.

Ci penso mentre sento le solite polemiche stantie sui giovani “che non hanno voglia di lavorare”, mentre sento blaterare di “una scuola che non prepara al lavoro”, mentre sento vaneggiare di “sacrifici”, di “umiltà”, persino di “umiliazione”.

E’ ancora viva purtroppo l’idea di una società gerarchica e punitiva nei confronti di chi arriva cronologicamente dopo. Una sorta di “nonnismo” sociale tipico di chi è senza argomenti, senza visioni, ed essendo incapace di concepire prospettive di sviluppo tende a scaricare i costi di una crisi economica e sociale sui più giovani.

Ma io sono convinto che questa sia una battaglia di retroguardia, che queste idee siano i logori cascami di una mentalità velenosa che ha fatto tanti danni al corpo sociale dei territori (non solo nel biellese, per carità), ma che oggi finalmente si sta dissolvendo nella sua stessa pesante miopia.

Oggi i tempi sono maturi per superare le barriere socio-culturali che hanno reso il lavoro un luogo vessatorio, la scuola un triste purgatorio asservito alla conoscenza “pratica”, il viaggio semplicemente una breve vacanza dopo un anno di fatiche. Andare e tornare significa invece cambiare. Cambiare a livello personale e portare questo cambiamento nel luogo in cui si vive. E questo è di certo un valore. Questo significa di sicuro evoluzione.
Enrico Neiretti

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